Sognare l'Europa con occhi migranti
sabato 25 maggio 2019

Caro direttore,
siamo alla vigilia delle elezioni europee. Veniamo da una campagna elettorale dove più che guardare all’Europa abbiamo continuato a guardarci addosso, magari non comprendendo che per fare il bene del nostro Paese è necessario continuare ad agire di concerto nell’Unione. Pensare l’Europa, infatti, è l’unico modo per essere significativi in un mondo sempre più globale, dove grandi potenze hanno un peso notevolmente maggiore di ogni singolo Stato della Ue. Non abbiamo pensato abbastanza dove vogliamo andare come cittadini europei, cosa desideriamo per il nostro presente e per il nostro futuro in Europa.

Credo che sia stato il più grande limite di questa campagna elettorale, abbiamo ancora una volta perso tempo dietro alle sirene che ci prospettano un futuro felice se prevaliamo sugli altri Stati membri. Certo, dopo il, macroscopico errore della Brexit, nessuno più parla di uscire dall’Unione, ma di starci dentro cercando il più possibile di fare il proprio interesse.

Allora, forse, proprio in questo frangente, occorre riappropriarci in modo consapevole del voto del 26 maggio, riappropriarci del sogno del futuro di un’Europa che sia comunità viva, non corpo vecchio e agonizzante, stritolato dalla propria burocrazia e da politiche di chiusura non lungimiranti. Il sogno dell’Europa dei popoli è andato in crisi, come tanti sottolineano, anche a causa del fenomeno migratorio che, come ci ha ricordato il Patto globale per una migrazione sicura ordinata e regolare firmato a Marrakech lo scorso dicembre da 164 Paesi (ma non dall’Italia), va affrontato sempre più attraverso la collaborazione internazionale. Invece, negli ultimi anni, abbiamo assistito ad arroccamenti su interessi nazionali che hanno messo in discussione anche il principio di solidarietà tra gli Stati. I migranti, specie quelli forzati, ci ricordano con il loro desiderio di arrivare in Europa, la fortuna che abbiamo di viverci, di muoverci senza frontiere, di avere una moneta unica, di avere un livello di vita mediamente buono, di vedere rispettata la dignità di ogni persona e i propri diritti, primo fra tutti la libertà religiosa, di vivere in un contesto di pace dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Le migrazioni e l’Europa sono stati invece utilizzati negli ultimi anni come 'causa' di tutti i mali che affliggono i vari Paesi dell’Unione. Ci si sente Europa solo nella difesa delle frontiere esterne (anche se con qualche distinguo), ma non nella solidarietà tra gli Stati e nell’umanità che sa guardare con vera compassione i drammi delle persone che vivono appena fuori da casa nostra. Assistiamo con preoccupazione alla trasformazione dei diritti di tutti – quei diritti di cui l’Europa è culla – in privilegi solo per alcuni. Nei singoli Paesi, compreso il nostro, si soffia pericolosamente sul fuoco del rancore delle vittime delle disuguaglianze che abitano le periferie fisiche ed esistenziali. Ma solo costruendo comunità plurali e solidali si possono affrontare con coraggio quelle disuguaglianze che, ahimè, rendono uguali tutti: vecchi e nuovi cittadini.

Noi del Jesuit Refugee Service in Europa pensiamo che una delle risorse fondamentali oggi sia il nostro voto. Lo sosteniamo anche attraverso la campagna #ThePowerofVote, e auspichiamo che tutti i cittadini europei, usandolo consapevolmente, possano difendere il futuro della Ue, cioè dei suoi cittadini attuali e potenziali. Votiamo per un’Europa che non lasci indietro nessuno e resti fedele ai suoi valori, un’Europa della protezione, dell’accoglienza, della dignità, della libertà e della uguaglianza di tutti, nessuno escluso. Ne va del futuro di ciascuno di noi.

Sacerdote, presidente Centro Astalli, servizio dei Gesuiti per i rifugiati in Italia

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