lunedì 3 giugno 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Anche il quotidiano "Repubblica", nell’edizione di ieri, ammette che i registri delle unioni civili, istituiti da 137 Comuni con grande battage ideologico, hanno fatto flop, sono un fallimento. Le coppie iscritte, infatti, sono meno di 2mila. Nulla di nuovo per i lettori di "Avvenire", che dell’irrilevanza giuridica e della scarsa rilevanza sociale dei registri sanno tutto da tempo grazie al nostro lavoro di cronaca. Ma è interessante notare l’ammissione implicita dell’uso strumentale della condizione di convivenza more uxorio che emerge dall’inchiesta del quotidiano diretto da Ezio Mauro e, ahinoi, dagli stessi amministratori comunali. Spiega infatti candidamente l’assessore di Napoli Giuseppina Tommaselli che, iscrivendosi al registro delle coppie di fatto, «si possono smarrire alcune tutele: le ragazze madri, ad esempio, perdono il diritto all’assegno». Se si iscrivono al registro delle unioni civili, significa infatti che hanno un convivente e dunque non sono "ragazze madri" sole. Se non si iscrivono, nonostante la convivenza di fatto, quindi, è solo per mantenere privilegi e sussidi ai quali in verità non avrebbero diritto se i redditi dei conviventi venissero sommati. Con buona pace di coloro che s’impegnano l’uno con l’altra e con la società, si sposano e risultano sempre penalizzati. Altro che necessità di una legge per dare pari diritti ai conviventi, qui c’è da dare giustizia e tutelare (come promette la Costituzione) prima di tutto chi costruisce una famiglia fondata sul matrimonio. Ci pensi il governo, e ci pensi (e ripensi) anche il ministro Josefa Idem.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: