mercoledì 17 luglio 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore,
consentici di approfittare della tua cortesia per ricordare ai colleghi che l’hanno conosciuto e ai lettori di 'Avvenire' la figura di Salvatore Sabbatino, che ci ha lasciato qualche giorno fa dopo una lunga malattia sopportata con coraggio e cristiana rassegnazione. Nella vita del nostro giornale Salvatore ha svolto, in anni ormai lontani, un ruolo di rilievo. Era approdato alla redazione romana del quotidiano cattolico dalla sua Messina e da un’esperienza professionale diversa da quella delle componenti originarie e numericamente più consistenti del corpo redazionale che, come sai, provenivano da 'L’Avvenire d’Italia' di Bologna e da 'L’Italia' di Milano. Si era inserito con naturalezza nella cronaca di Roma che in quei primi anni di vita del quotidiano nazionale proseguiva la tradizione di una presenza dell’informazione di ispirazione cattolica nella Capitale. Ai colleghi più giovani aveva offerto il contributo di una maturità sperimentata sul campo, e aveva conquistato in breve la stima e la simpatia di tutti, grazie anche alla inesauribile disponibilità di tempo e di attenzione per i problemi e le difficoltà di ognuno. Di molti di noi ha accompagnato la crescita professionale in anni di impegno senza riserve: allora la cronaca era il cuore del giornale, e Salvatore la sapeva trattare con competenza non priva di cultura. Si era anche reso disponibile, non senza sacrificio personale, ad accompagnare l’avvio di nuove iniziative editoriali che in quegli anni contribuirono decisamente all’incremento della diffusione nazionale del giornale e al suo radicamento territoriale. 'Roma7' nacque e si sviluppò anche con il suo contributo. Ora che Salvatore ci ha lasciati, vogliamo ricordarlo a tutti come un collega buono e generoso, e vogliamo anche far giungere ai suoi familiari, dalle colonne del suo giornale, la solidarietà e il suffragio di quanti l’hanno conosciuto e stimato come amico prima che come compagno di lavoro.
Guido Bossa, Virgilio Celletti, Pio Cerocchi, Giorgio ManelliPier Giorgio Liverani, Angelo Paoluzi, Angelo Scelzo
 
A nome di tutti i colleghi di 'Avvenire' unisco, cari amici, voce e preghiera alla vostra e a quella della famiglia di Salvatore Sabbatino. Aggiungo anche una piccola notazione personale. Alla metà degli anni 80, da giovane corrispondente dalla mia Assisi per il 'Corriere dell’Umbria', ebbi la fortuna di avere per alcuni indimenticabili mesi Salvatore come riferimento redazionale. Ricordo, come fosse ieri, i suoi consigli, i suoi incoraggiamenti, la cura con la quale 'passava' i miei pezzi e il modo efficace e raffinato con cui li titolava, tirandone fuori il meglio. Una lezione preziosa, che nella mia vita professionale ho sempre cercato di tenere cara. Anni dopo – avevo lasciato già da un bel po’ 'Il Tempo' per lavorare proprio qui ad 'Avvenire' e mi ero appena trasferito dalla sede centrale di Milano a quella di Roma – una sua lunga e calda telefonata a sorpresa mi riempì di emozione e di allegria, e mi diede altro saggio sprone in un delicato e importante passaggio della mia vita professionale.
Non sono stato, come voi, un suo amico e 'compagno di banco', ma in questo nostro lavoro nel quale onestà e credibilità lasciano il segno e fanno la differenza, lui mi è stato egualmente e con sorridente generosità accanto.
Salvatore è uno di quei colleghi ai quali ho voluto e voglio specialmente bene, perché mi sono stati maestri del mestiere. Artigiani della parola pensata, verificata e messa in pagina, con stile e pulizia. Un modello esigente, del quale sono infinitamente grato.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI