venerdì 15 novembre 2013
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Gentile direttore,
prendendo lo spunto dal bellissimo articolo del priore di Bose Enzo Bianchi sulla morte, pubblicato il 27 ottobre in Agorà, chiedo il suo parere sull’usanza ormai purtroppo consolidata nei funerali dei "ricordi" del defunto fatti da amici e parenti prima della conclusione della Messa esequiale. La mia esperienza mi porta ad affermare di avere spesso ascoltato parole che nulla avevano a che fare con il rito cristiano. E che dire dell’altra usanza degli applausi al defunto fatti in chiesa? Una maggiore sobrietà non renderebbe il rito più raccolto?
Fabrizio Roberti, Roma
Per indole e formazione, gentile signor Roberti, anch’io non amo gli applausi in chiesa, che si tratti di funerali o di matrimoni. Penso, invece, che i ricordi delle persone defunte siano una cosa bella e preziosa. Serbiamo memoria tutti, credo, di parole e gesti che in quei momenti ci hanno segnato ed edificato, da un punto di vista spirituale o anche soltanto su un piano per così dire civile. So anch’io, però, che in qualche caso quel “pulpito aperto” alla fine del rito è diventato trampolino per piccole fiere delle vanità e delle vacuità (e persino della propaganda) di uno o più “oratori”. Questo per dire che anche i “ricordi” meritano un po’ di disciplina. Con carità, prudenza e senso del luogo e del contesto in cui vengono pronunciati. 
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