martedì 24 febbraio 2009
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Caro Direttore, va bene l’autoironia di cui noi cattolici siamo sempre stati accusati di essere privi, però adesso basta. Sono proprio stanco. Nella puntata del 19 febbraio di «Ultime da Babele» su Radio 1 sono intervenuti due «illustri» ospiti come Gianni Boncompagni e Veronica Pivetti, dichiaratamente ostili ai cattolici ( il primo definito nel corso della stessa trasmissione « noto mangiapreti » ). E il tutto con il beneplacito del giornalista conduttore Giorgio Dell’Arti. Nell’epoca della cultura laicista e del trionfo dell’ateismo, che è bello ed è di moda, parole come « poveracci » , « sbandati » e altre espressioni poco cordiali riferite ai cattolici non mi vanno più. Se io usassi questi aggettivi verso qualsiasi altra persona ( proviamo? Visto la tirata del sinistroide Benigni al Festival di Sanremo, con un popolo bue pronto ad alzarsi in piedi ad applaudirlo, se io dicessi le stesse cose rivolto agli omosessuali?), apriti cielo, sarei subissato – giustamente – di insulti, mi sentirei chiamato rozzo, barbaro e incivile. Ma di rozzo, barbaro e incivile c’è stata invece l’intera trasmissione condotta con pessimo gusto, una tirata anticattolica condotta anche dal compiacente giornalista il quale dichiara che, stando ai messaggi che riceve, non interessa l’argomento « crisi della Chiesa » ma solo quello dell’erede di Veltroni. Un giornalista che dovrebbe mediare, mantenendo una posizione equilibrata, è risultato a dir poco fazioso. Mi sento offeso come cattolico. Adesso davvero basta, a questo gioco non ci sto più, non ascolterò più questa trasmissione, che peraltro non è neppure la prima volta che manca di rispetto ai credenti.

Luca, Verona

Caro Direttore, le segnalo una trasmissione andata in onda sul primo canale di Radio Rai, in cui l’attrice Veronica Pivetti e Gianni Boncompagni, senza contraddittorio e con il placet del conduttore, hanno riversato tante contumelie sulla religione cattolica. Da rabbrividire per lo schifo.

Lina

Purtroppo, cari lettori, stiamo abituandoci al semplicismo della chiacchiera in libertà, il più delle volte malevola e prevenuta. Mai come in questi ultimi mesi non solo le idee, le posizioni e le scelte dei credenti ma la stessa Chiesa e la figura del Papa sono state oggetto di attacchi e di acredine: una riprova di quanto sia duro a morire un certo anticlericalismo che da sempre intossica la società italiana. Con questa cultura, o meglio subcultura, temo che dovremo giocoforza convivere. Dispiace però che simili tesi grossolane vengano agitate in una trasmissione mandata in onda a cura del servizio pubblico, che dovrebbe essere garanzia, oltre che di equilibrio, anche di una conduzione giornalistica equilibrata, mai subdolamente faziosa, né tanto meno irridente. È vero che, considerata la fisionomia degli invitati al microfono, non c’era da attendersi molto riguardo la loro capacità di andare al di là della mera goliardia, grazie alla quale, peraltro, uno di loro ha fatto durevole fortuna in Rai. Altra cosa è la responsabilità del conduttore. Infatti ci si aspetterebbe da un collega di valore e di lunga esperienza, quale Giorgio Dell’Arti, che nello svolgere il proprio ruolo – senza scomodare parole impegnative quali pluralismo e democrazia – desse però prova di quella elementare imparzialità che non significa non avere un punto di vista netto e convinto, ma nell’avere cura che esso non risulti alla fine imposto, senza spazio per interrogativi, dubbi, posizioni, distinguo che interpretino chi la pensa diversamente, soprattutto quando in ballo ci sono tematiche sensibili e valori forti. Un impegno questo che dovrebbe essere tassativo quando a pagare sono i contribuenti, che non sono un uditorio ideologicamente schierato, bensì un pubblico composito, con sentimenti diversi, che vanno rispettati anche se non ci piacciono. Ma in certi feudi del servizio pubblico questo pare un pensiero alieno. Spero che questi signori si rendano conto che stanno scherzando col fuoco. I cattolici sono cittadini di questo Stato e sapranno farsi rispettare. Ci auguriamo che le proteste dei nostri lettori per quest’ennesimo offensivo episodio di informazione « pilotata » valgano, tuttavia, a inaugurare una stagione nuova nel confronto ideale, con modi più moderati e – si spera – con una maggiore attenzione, da parte di chi di dovere, a quanto viene dato in pasto al pubblico.

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