martedì 29 ottobre 2013
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Gentile direttore, ho avuto modo di consultare la documentazione che la figlia di un illustre medico chirurgo bresciano conserva gelosamente. Suo papà fu costretto, dopo aver perso il lavoro in ospedale dove operava con grande soddisfazione e prestigio professionale, a fuggire in Svizzera in seguito alle leggi razziali e alla nascita della Repubblica di Salò. Ebbene, la figlia – allora quindicenne – appena arrivata in Svizzera ricevette dei documenti di identificazione completi di fotografia e in considerazione della giovane età fu affidata a una coppia di anziani coniugi. Quando compì 16 anni, venne trasferita in un campo profughi e le venne proposto di seguire un corso di puericultura. Una volta terminato quel corso, venne impiegata in un reparto ospedaliero. Forse anche noi dovremmo prendere ad esempio quello che fece la Svizzera circa 70 anni fa...
Francesco Zanatta, Brescia
Penso, gentile signor Zanatta, che oggi noi italiani – e, con noi, l’Europa intera – possiamo e dobbiamo far meglio di quanto la Svizzera seppe fare con fatica e coraggio in quel terribile frangente della storia europea e mondiale segnato dalla cupa e folle volontà di sterminio nazista. Secondo le Convenzioni che l’Italia ha liberamente e solennemente sottoscritto, i profughi dall’Africa e dall’Asia che hanno diritto – proprio come l’aveva la sua conoscente davanti al fascismo razzista – a ricevere asilo e protezione nel Vecchio Continente, non debbono affatto essere internati in "campi" e non possono essere separati dai loro figli. Studio, lavoro, dignità, legalità... Tutto ciò che la sua lettera richiama è ampiamente condivisibile. Ed è l’esatto contrario del "limbo" al quale tante persone richiedenti asilo sono condannate. Detto questo, ricordiamoci che rispetto ai modi di accoglienza attuati alla metà del secolo scorso, almeno sulla carta, siamo comunque andati avanti. Il problema, appunto, è dare concretezza, rispettando norme di legge e imperativi morali, ai giusti impegni che in questi anni sono stati assunti e, poi, anche clamorosamente, disattesi. È un problema che non dovrebbe esistere. La Ue deve armonizzare le normative dei 28 e migliorare le proprie regole comuni. Anch’io spero che sappia farlo presto e bene. Cioè – secondo il calendario che si è data – entro giugno 2014. Intanto, sono contento di poter registrare che il governo Letta ha cominciato a seriamente correggere in senso umanitario l’atteggiamento del nostro Paese. Era ora. C’è molto da fare.
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