venerdì 8 novembre 2013
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C’è un rischio, quando scrivi un’opinione su un fatto di cronaca in sviluppo: che il giorno dopo, leggendoti, il lettore ne sappia più di te. Ieri all’alba ci siamo imbattuti, con sorpresa, nella notizia della localizzazione della tomba di Erich Priebke: Priebke ha avuto una tomba ed è stato sepolto. Si sapeva che sarebbe accaduto. Ieri lo ha confermato "la Repubblica", offrendo la notizia in modo straordinario, cioè con una cronaca firmata dal suo stesso direttore. Il destino terreno del capitano nazista che partecipò alla strage delle Fosse Ardeatine si chiude così, come voleva la civiltà umana.
Ma la sua tomba doveva, come si era deciso alla sua morte, restare segreta, affinché nessuno di coloro che vogliono tributargli onori, saluti, elogi, inni possa farlo: la colpa di Priebke ha offeso non un uomo, una famiglia, una comunità, ma l’umanità, e di quella colpa Priebke non si è mai pentito. Sapendo che è stata stabilita così, giustamente, la segretezza della tomba, ieri abbiamo appreso molte cose, troppe, che ci fan pensare che quella segretezza durerà molto poco, e non mi stupirei se, quando legge questo articolo, il lettore sapesse già dov’è. Le cose che sappiamo non dicono 'dov’è', ma danno molte indicazioni che possono guidare chi la cerca a trovarla. Della tomba noi non dovevano sapere nemmeno se era in Italia, Argentina o Germania. Ora sappiamo che è in Italia. Non dovevamo sapere chi lo sa.
Ora sappiamo che lo sa il direttore di un carcere, che ha ricevuto l’ordine di provvedere alla sepoltura e l’ha eseguito. Non dovevamo sapere se è in qualche cimitero speciale, civile o militare. Ora sappiamo che è nel cimitero abbandonato di un carcere, dove da vent’anni e più non si scavano nuove sepolture. Sapendo questo, possiamo domandarci: quanti sono in Italia i cimiteri abbandonati di carceri? La bara di Priebke fu prelevata all’alba di una domenica alle ore 3,45, e caricata su un furgone civile, non un carro funebre.
A eseguire i lavori materiali, scavo con le vanghe e interramento, furono, pare, due detenuti extracomunitari: si suppone che gli extracomunitari non fossero al corrente della vicenda del capitano nazista, ed abbiano eseguito il lavoro come automi; ma la storia ha avuto un tale clamore, che c’è da dubitare che nelle carceri non ne fossero informati. Infine, la tomba non è stata segnata dal nome e cognome del defunto, ma da un numero, questo numero è stato trascritto in una busta chiusa, questa busta verrà consegnata al figlio di Priebke quando a dicembre verrà in Italia per far visita a quel che resta del padre.
Fin qui, colui che sa tutto è il direttore del carcere, che è sempre stato presente all’operazione e l’ha guidata. Il segreto è garantito da lui solo: parlerà? Io sono sicuro di no, in Italia ci sono funzionari dello Stato integerrimi, che fanno il loro dovere col massimo scrupolo e si mantengono nell’ombra. Quest’uomo non dirà niente neanche alla moglie, e del resto le mogli dei funzionari dello Stato imparano presto, fin dal primo anno di vita insieme, a discutere di tutto tranne dei segreti professionali del marito. Il rischio non è che il segreto si spappoli perché chi è vincolato alla consegna la víola.
Un segreto è come un liquido in un recipiente (lo diceva già il Manzoni nei Promessi Sposi): se ne perde una parte a ogni travaso, e qui i trasbordi della salma da un carro all’altro furono più d’uno, e se si può dire (credo che fino ad oggi si possa dirlo) che a sapere tutto è una sola persona, si può anche sospettare che a sospettare qualcosa siano molti. Comunque, se il pericolo era quello dei tributi d’onore che potevano arrivare a un morto che non li merita, non arriveranno mai. Perché l’accesso a un carcere non è libero. Verso sera circolava la voce che il cimitero fosse precisamente il cimitero in disuso di un carcere militare. Questo rafforzerebbe l’efficacia della soluzione. Se è questa, è la migliore possibile.
Colui che ha commesso un crimine mostruoso e non se n’è mai pentito resterà per sempre nell’area di una prigione, chi lo visiterà dovrà entrare in una prigione, la prigione è il luogo esatto dove un crimine come quello, mai seguito da una richiesta di perdono e da una dimostrazione di ravvedimento, doveva umanamente finire. Lì è finito. E lì rimane.
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