lunedì 2 dicembre 2013
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Nascosti sotto le macchine, in mezzo ai sacchi dell’immondizia. In fuga sui tetti, dopo essere passati per le cucine che fanno insieme da dormitorio e da guardaroba. Ecco dove potete trovare gli "invisibili". I cinesi di Prato non hanno età, non si sa da dove vengono e dove vanno, non parlano italiano. Nella zona industriale del Macrolotto, dove ventiquattr’ore fa si è consumata l’ennesima tragedia, si vedono pochissimo. Perché non stanno (quasi mai) fuori. Stanno dentro, condannati a orari massacranti in situazioni disumane. Fanno di tutto, in poco tempo: prodotti pronto-moda, destinati non solo al mercato toscano ma anche alla Turchia e ai Paesi dell’Est.Chi si adopera da tempo per cercare di costruire spazi di umanità e di civiltà, sa benissimo che complici di questo sfruttamento sono anche alcuni cittadini italiani. Che negli anni hanno speculato sulla "ricchezza" nascosta dei cinesi, offrendo in nero affitti, piccoli laboratori, spazi in aree dismesse. Perché una cosa, i piccoli padroncini asiatici arrivati dal nulla possono promettere (e mantenere): un lavoro. Sarà per questo che, negli stessi stabilimenti ridotti a lager, a volte spuntano fuori persino dei cittadini italiani.
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