sabato 4 aprile 2009
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Hans Gert Pöttering è presidente di quel Par­lamento di Strasburgo che, da cittadini i­taliani ed europei, fra poche settimane, saremo chiamati a rinnovare. E si sta congedando, in questa sua veste istituzionale, anche dal nostro Paese. Tra ieri e oggi è infatti protagonista di u­na piccola serie di importanti appuntamenti che lo hanno portato a percorrere le strade antiche e nuove che uniscono Assisi a Roma. È, tuttavia, impossibile pensare alla sua come a una solen­ne ma un po’ banale 'visita di congedo'. Pötte­ring è esponente di spicco della Cdu tedesca e del Ppe, e del popolarismo europeo è stato a lungo – da capogruppo parlamentare – attento e autorevole interprete. Ora è in procinto di la­sciare un’alta carica, non di smettere un moti­vato impegno.E nel momento di questo suo congedo-non congedo e guardando al presen­te e al futuro del Ppe, il grande partito di ispira­zione cristiana che tornerà prestissimo ad ani­mare e rappresentare, vorremmo perciò rivol­gere a lui – laico cattolico, come noi – una ri­flessione, una preoccupazione e un appello. Sta respirando l’aria di questo Paese, presiden­te Pöttering. E può rendersi conto una volta an­cora di quanto sia proteso alla modernità e, dun­que, stimolato e interrogato dagli entusiasmi, dalle inquietudini e dai problemi che caratte­rizzano le società contemporanee, soprattutto nell’ampio e ricco spicchio occidentale del nord del mondo. Nello stesso tempo può constatare come, in questa Italia, i cattolici non siano affatto nelle retrovie. Come testimonino nella realtà so­ciale e sulla scena pubblica – pur soggetti come ogni altro alle tentazioni e alle provocazioni del­la secolarizzazione – una presenza attiva e fedele ai valori basati sulla consapevolezza dell’origi­naria e irrinunciabile dignità della persona u­mana. Un’impostazione che, secondo l’inse­gnamento della Chiesa, dà sostanza e profon­dità alle idee di libertà, giustizia e solidarietà. Può verificare, caro presidente, che i cittadini cattolici non hanno complessi di superiorità e neppure d’inferiorità, e non rinunciano a far­si portatori anche nella dimensione dello Sta­to di una visione antropologica limpida e for­te. Una visione dell’uomo culturalmente e re­ligiosamente affinata che si fa civile proposta, che nessuno, in nessun caso, tenta di impor­re con strumenti impropri e attorno alla qua­le, nella convinta accettazione delle dinamiche della democrazia, si lavora per costruire libe­ro consenso.Ma è proprio da qui che discende, guardando allo scenario continentale, la preoccupazione. In Italia nel dare testimonianza e, quando ser­ve, battaglia da cattolici non ci sentiamo mala­ti di «vaticanismo» (parola strana, volentieri u­sata in contesti europei per tacitare le voci che chiedono e rivendicano fedeltà alla ispirazione cristiana). Siamo persone libere che liberamente difendono le proprie idee. E la consonanza con la posizione espressa dalla Chiesa, l’aderenza al magistero del Papa, sono per noi motivo di se­renità e semmai di gioia non di imbarazzo. È tutto meno che un problema se chi ci è guida nella comunità eccelesiale ci conferma nel con­tributo che liberamente diamo alla costruzione della comunità civile, così come non ci scanda­lizza e non ci intimidisce se chi nutre altre visioni dell’uomo e della storia, invece, ci contraddice anche con asprezza. Siamo convinti, senza al­cuna jattanza, che le nostre idee sulla vita e sul­la libertà hanno un futuro ben più grande del passato: anche quando nel concerto del politi­camente corretto suonano discordanti, anche se possono apparire inattuali. Sappiamo che sono la radice profonda e vera del nostro essere ita­liani ed europei e che sono contenute sin dal principio – sin dalla progettazione di Adenauer, De Gasperi e Schuman – nell’Europa «comuni­taria » che da oltre mezzo secolo sta lentamen­te crescendo. Crediamo che saranno motivo di nuova forza e di nuova grandezza per la Ue. Di­pende da noi cristiani, prima che da ogni altro.Dipende, e moltissimo, anche dal Ppe. Ma nel Ppe, caro presidente, quanto è oggi chiara que­sta consapevolezza? E il popolarismo europeo quanto è «libero e forte», o anche solo attento, nel coltivarla? La sua densa e bella Carta dei va­lori quanto impegna, nel concreto, i partiti ade­renti e, in particolare, i loro parlamentari? Mettiamo, idealmente, nelle mani di Hans Gert Pöttering questa riflessione e questa preoccu­pazione. E a lui, protagonista e leader, affidia­mo un appello. È essenziale che la grande cor­rente del cristianesimo politico continui a scor­rere con forza, che le sue sorgenti siano preser­vate, che il suo corso non sia deviato. È essen­ziale per il Ppe, è essenziale per l’Europa.
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