martedì 17 maggio 2016
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Il viaggio di papa Francesco a Lesbo, per incontrare i tanti rifugiati che si trovano su quell’isola, è il migliore degli esempi possibili rispetto al tema della promozione di atteggiamenti e comportamenti rivolti alla accoglienza, alla misericordia e alla pace. Un esempio che si colloca sullo sfondo di uno scenario caratterizzato dalla diffusione di sentimenti di paura e di sospetto, se non addirittura di odio e di conflitto, rispetto alle problematiche sollevate dai flussi di profughi, da un lato, e dalla violenza del terrorismo, dall’altro lato. Un mix esplosivo, che sta rischiando di vanificare anche gli sforzi per la creazione di uno spazio geopolitico europeo basato sui princìpi dei diritti universali.I reticolati e i muri sono la prova materiale dell’odio e della chiusura dell’Europa verso i deboli del resto del mondo, ma non si può dimenticare la discriminazione sociale su base etnica che si riscontra nei confronti di chi già vive in Europa. Eurobarometro misura la percezione della discriminazione etnica in Europa, e i dati pubblicati indicato una crescita tra 2012 e 2015 dal 56% al 64% in Europa e dal 61% al 73% in Italia. Le caratteristiche anagrafiche e sociali della maggior parte dei terroristi e dei foreign fighter sembrano d’altra parte confermare l’ipotesi che alla radice della loro azione di morte vi sia non tanto ciò che viene definita la radicalizzazione dell’islamismo, quanto piuttosto una sorta di islamizzazione di un radicalismo preesistente, scatenato da condizioni non adeguate di integrazione dei più deboli e poveri nei territori europei, tra cui figurano in primis le seconde e terze generazioni di immigrati, specie se di origine africana e asiatica. In altre parole, frange di emarginazione e rancore sopito troverebbero per questa via una sorta di alibi e giustificazione teorica per comportamenti che hanno a che fare con le criticità della situazione sociale nella ricca Europa.La testimonianza offerta dal film Dheepan la nuova vita, nelle sale qualche mese fa, è illuminante: rifugiati dell’Est asiatico si ritrovano in una banlieue francese dove la violenza, l’emarginazione, la povertà e l’odio sembrano maggiori che nella patria di origine. Occorre allora riflettere con grande attenzione sulla necessità di seguire e diffondere l’esempio di papa Francesco e di accompagnarlo con azioni concrete di promozione della pace e della convivenza. Come ha scritto Albert Einstein, «la pace non può essere mantenuta con la forza, può essere solo raggiunta con la comprensione». Solo una comunità civile come ambiente di civilizzazione e di educazione alla solidarietà e alla pace può sperare di aiutare l’Europa e il mondo intero a trovare una via di uscita dalla escalation di odio e conflitto cui stiamo assistendo. Esempio, quindi, e promozione di contesti di convivenza accoglienti e centrati su rispetto e su condizioni di vita dignitose, sono la chiave di volta per tentare una inversione di tendenza. L’educazione alla pace, che costituisce uno degli strumenti possibili per promuovere simili valori e condizioni di vita, va implementata e promossa ad ampio spettro. Significative sono da questo punto di vista le esperienze condotte in ambito scolastico ed associativo. Esiste ad esempio un Programma nazionale di educazione alla pace ed ai diritti umani 'La pace si fa a scuola', che prevede interventi per l’integrazione dei ragazzi non italiani nelle scuole, adozioni a distanza, gemellaggi con scuole di altri Paesi, in particolare in aree in conflitto, scambi culturali e viaggi di conoscenza in luoghi difficili, dialogo interculturale e interreligioso, raccolte di fondi di solidarietà, progetti di cooperazione, iniziative di sensibilizzazione, partecipazione alle marce per la pace, promozione del consumo e del commercio equo e solidale.A livello di organizzazioni non governative ed associative si possono citare, tra le altre, le esperienze dei «corridoi umanitari» per i rifugiati aperti dalla Comunità di S. Egidio in collaborazione con evangelici, Comunità Papa Giovanni XXIII e diverse diocesi italiane, le iniziative di Emergency ('Gioca la carta della pace' o i libri della pace), quelle degli adulti scout del Masci (educazione alla mondialità e gemellaggi con movimenti scout nei Paesi in guerra). In altre parole per la pace, la accoglienza e la convivenza pacifica occorre lavorare in termini promozionali, e non solo repressivi e riparativi, rafforzare i fattori naturali di protezione sociale (famiglia, valori, fiducia, speranza), creare comunità e dialogo per la condivisione, il mutuo aiuto, la solidarietà, promuovere l’equità e la giustizia sociale, promuovere la cultura della sobrietà e del vero benessere.
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