mercoledì 8 dicembre 2010
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Non è molto che il Papa ha richiamato con forza eloquente la nostra attenzione su valori come la solidarietà o su ambiti di vita come l’agricoltura, che rimandano a un contesto sociale precedente all’attuale. E viene proprio da pensare che dovremmo sforzarci di rimettere al centro dell’esistenza quegli elementi di umanità che costituiscono i veri fondamenti, e che soli potrebbero probabilmente restituirci la serenità e la motivazione di cui sentiamo la mancanza.Attente ricerche confermano, d’altra parte, che il benessere e la vera felicità degli individui e delle comunità dipendono, oggi come sempre, assai più che dalla ricchezza materiale e dagli strumenti della modernità, dalla qualità delle relazioni sociali primarie, dalla fiducia e dal senso di utilità reciproca. Lo sviluppo sociale degli ultimi 50 anni è avvenuto invece, soprattutto in Italia, in forma talmente accelerata da non lasciare spazio per la necessaria tutela e coltivazione di quei valori e delle loro espressioni concrete, dalla cura della famiglia alla umanizzazione del lavoro, alla accoglienza dei diversi, se non in un’ottica di subordinazione rispetto alla economia e alla modernizzazione.Solitudine, perdita di riferimenti, debolezza istituzionale, identità fragili, ansie e difficoltà a fronteggiare il futuro sono alcune delle conseguenze di questo stato di cose. Per questo è così importante lavorare per ricostruire un tessuto sociale di relazioni significative e di significati solidi e condivisi attorno alle questioni fondamentali per la esistenza di ciascuno, dagli stili di vita, ai consumi, alla qualità del tempo libero e della relativa offerta, al dialogo interpersonale. E da questi significati solidi e condivisi devono discendere poi comportamenti coerenti e convinti. Un importante aspetto della questione è, infatti, proprio la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa.Troppo spesso dobbiamo constatare lo scollamento tra il parlare di democrazia e sostenere i poteri oligarchici, proclamare la cooperazione e praticare l’accentramento dei poteri, sbandierare l’uguaglianza e favorire i privilegi, parlare di rispetto e praticare la prepotenza, teorizzare la condivisione e creare emarginazione, compatire i poveri e amare il lusso. Il che lede alla base la dignità della persona e corrode il senso complessivo dei discorsi anche pubblici che invadono la comunicazione, tra talk show e rappresentazioni della realtà sui vari media, nella quale siamo immersi in maniera pervasiva. La rappresentazione astratta – come messa in scena dei problemi e delle soluzioni a livello virtuale – si sostituisce troppo spesso alla pratica concreta dei valori proclamati, e anche alla rappresentanza – come processo di individuazione dei bisogni e delle soluzioni reali in un concreto e realistico scambio tra rappresentati e rappresentanti.La mancanza di un dialogo costruttivo e diretto tra rappresentati e rappresentanti e la utilizzazione, per la formazione del consenso, di canali non ortodossi dal punto di vista della democrazia, quali i mass media, l’intrattenimento televisivo, i grandi scandali nazionali, la strumentalizzazione della giustizia, è una delle forme più gravi di distorsione dei rapporti sociali. La mancata corrispondenza tra parole e atti è spesso anche alla base della mancata coerenza tra ambito pubblico e ambito privato dell’esistenza. Per cui ci si comporta in maniera molto diversa quando si è alla luce del sole e quando si è nel chiuse delle proprie stanze.Nel suo discorso agli ateniesi Pericle nel 461 a.C. diceva tra le altre cose: «Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le questioni private». E ancora: «Ci è stato insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso. Qui ad Atene noi facciamo così». Non è affatto fuori luogo, oggi, richiamare le antiche saggezze di un mondo preindustriale per cercare di recuperare l’umanità che abbiamo indebolito.
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