La lezione sulla pandemia che l'Italia ha deciso di ignorare
giovedì 22 maggio 2025

Una delle lezioni più importanti apprese durante la lotta al Covid-19 è stata la constatazione dell’inadeguatezza delle regole internazionali in vigore per evitare le pandemie insieme alla necessità di modificarle. Ogni Paese era infatti libero di prendere le proprie decisioni senza vincolo alcuno, e questo comportava che il circolo contagionistico non veniva mai definitivamente interrotto, con il conseguente riavvio di nuove ondate epidemiche.

L’esempio più lampante è stato lo scatenamento della seconda ondata pandemica causata dalla più contagiosa e letale variante omicron proveniente dall’India, dove non solo non era stato fatto alcun lockdown ma erano state autorizzate manifestazioni religiose con la partecipazione di migliaia di persone che si erano contagiate in massa. Alcune di queste avevano quindi preso aerei e il virus era ritornato in Europa tramite la Gran Bretagna, anch’essa in controtendenza rispetto al resto d’Europa che aveva preso provvedimenti per limitare la circolazione dopo lockdown rigorosi, mentre gli inglesi avevano riaperto tutto senza vincoli.
Un altro esempio di inefficacia e inefficienza dei regolamenti precedenti ha riguardato direttamente noi italiani che abbiamo visto la seconda ondata, con oltre 70.000 morti, partire da un contagio avvenuto tramite cittadini inglesi che erano andati a sciare in Svizzera, Paese che contrariamente al nostro non aveva chiuso gli impianti sciistici, attirando molti italiani che si sono infettati lì riportando il virus nuovamente in Italia e facendo ripartire l’epidemia.

Per tutto questo già nel 2021 era iniziato il dibattito per introdurre un Trattato pandemico globale che consentisse all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) di avere più poteri nel vincolare gli Stati membri a misure basate sull’evidenza scientifica e a non fare di testa propria soggiacendo a stimoli populistici. Ma le resistenze a “cedere” un po’ di prerogative nazionali nell’interesse globale hanno prolungato questa discussione per ben tre anni. Finalmente lunedì, durante l’Assemblea annuale, la stragrande maggioranza dei Paesi ha approvato una misura veramente storica.

L’accordo definisce i princìpi, gli approcci e gli strumenti per un migliore coordinamento internazionale in una vasta gamma di settori, al fine di rafforzare l’architettura sanitaria globale per la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie. Ciò include l’accesso equo e tempestivo a vaccini, terapie e strumenti diagnostici. La risoluzione dell’Oms prevede l’avvio di un processo per la stesura e la negoziazione di un sistema di accesso e condivisione dei benefici degli agenti patogeni (Pabs) attraverso un Gruppo di lavoro intergovernativo (Igwg).

Il risultato di questo processo sarà discusso all’Assemblea mondiale della Sanità del prossimo anno. Una volta che l’Assemblea avrà adottato l’allegato Pabs, l’Accordo pandemico dell’Oms sarà aperto alla firma e all’esame della ratifica anche da parte degli organi legislativi nazionali. Dopo 60 ratifiche, l’Accordo entrerà in vigore. Gli Stati membri hanno anche incaricato l’Igwg di avviare iniziative volte a consentire l’istituzione del Meccanismo finanziario di coordinamento per la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie e della Rete globale per la Catena di approvvigionamento e la logistica (Gscl) al fine di «migliorare, facilitare e lavorare per rimuovere gli ostacoli e garantire un accesso equo, tempestivo, rapido, sicuro e conveniente ai prodotti sanitari correlati alla pandemia per i Paesi che ne hanno bisogno durante le emergenze di sanità pubblica di interesse internazionale, comprese le emergenze pandemiche, e per la prevenzione di tali emergenze».

Secondo l’accordo, le case farmaceutiche che partecipano al sistema Pabs svolgeranno un ruolo chiave nell’accesso equo e tempestivo ai prodotti sanitari correlati alla pandemia, mettendo a disposizione dell’Oms «un accesso rapido mirato al 20% della loro produzione in tempo reale di vaccini, terapie e dispositivi diagnostici sicuri, di qualità ed efficaci per il patogeno che causa l’emergenza pandemica». La distribuzione di questi prodotti ai vari Paesi sarà effettuata in base al rischio e alle esigenze per la salute pubblica, con particolare attenzione alle esigenze di quelli in via di sviluppo. Non sorprende che Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms, abbia definito il Trattato «una vittoria per la sanità pubblica, la scienza e l’azione multilaterale», perché «ci garantirà, collettivamente, di poter proteggere meglio il mondo dalle future minacce pandemiche. È anche un riconoscimento da parte della comunità internazionale che i nostri cittadini, le nostre società e le nostre economie non devono essere lasciati nella vulnerabilità e subire nuovamente perdite come quelle subite durante il Covid-19».

Certamente permangono ancora lacune in termini di finanziamenti, equo accesso alle contromisure mediche e nella comprensione dei rischi in evoluzione. Tuttavia, l’accordo è già da considerare un risultato fondamentale per l’Oms in un momento di crisi, con finanziamenti ridotti dopo il ritiro degli Stati Uniti. Stati Uniti che, benché non abbiano inviata alcuna delegazione all’Assemblea, si sono affrettati a diffondere un videomessaggio del segretario alla Salute, Robert F. Kennedy Jr in cui critica sia l’Oms sia l’accordo appena approvato, affermando che avrebbe «bloccato tutte le disfunzioni della risposta pandemica dell’Oms». Ma se non stupisce la posizione americana, dichiaratamente antiscientifica e anti-multilateralismo, sorprende negativamente il voto dell’Italia, che si è astenuta insieme a Russia, Iran, Bulgaria, Polonia, Giamaica, Israele, Romania, Paraguay, Guatemala e Slovacchia. Con il governo precedente l’Italia era stata infatti uno dei Paesi promotori della prima bozza di trattato insieme a Unione Europea, Canada e Australia.

La mossa del nostro Governo appare dettata da considerazioni non di carattere scientifico e di sanità pubblica ma prettamente politiche, con l’effetto di relegare l’Italia in un circolo di Paesi governati da autocrazie o di debole cultura e tradizione democratica, isolandoci su un argomento così importante per la salute dei cittadini su cui dovremmo essere tutti uniti.


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