Padre Pierluigi, venti mesi di vita e missione spezzata
domenica 17 maggio 2020

La dittatura mediatica del Covid-19 ha relativamente invaso anche il nostro Sahel. In effetti, buona parte delle notizie, ci giungono attraverso agenzie di stampa occidentali che hanno fatto dell’epidemia una pan-notizia. Nel frattempo, in questa zona sabbiosa del mondo in piena stagione torrida e secca, gli avvenimenti legati alla vita corrente e al terrorismo di stampo jihadista non si sono auto-sospesi, anzi. Le grandi manovre per 'neutralizzare' i gruppi armati sono continuate, come pure gli attentati. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate dentro il proprio Paese.

Nel frattempo, le forze di difesa e sicurezza degli Stati implicati in questa battaglia, sono state accusate di gravi abusi nei confronti di civili. Si parla persino di fosse comuni nella zona delle tre frontiere: Mali, Burkina Faso e Niger. La felice e molto (male) mediatizzata liberazione di Silvia Romano ha fatto tornare alla ribalta anche l’attesa di una lieta conclusione della prigionia di padre Pierluigi Maccalli e del suo compagno di sventura Nicola Chiacchio, riapparsi in video il 24 marzo scorso. Il soldi del riscatto, vite monetizzate che contribuiranno a finanziare altri attentati e la nascita di altri gruppi armati terroristi, sono il prezzo da pagare per riavere l’amico, il fratello e il compagno di viaggio Pierluigi. Dalla sera del 17 settembre del 2018, appena tornato dalle vacanze in famiglia, padre Pierluigi è stato sottratto con la violenza, sradicato come un albero, dalla sua terra di missione e di adozione Bomoanga, a poco più di un centinaio di chilometri dalla capitale Niamey. Anche le autorità locali non nascondono un moderato ottimismo sulle possibilità del suo e loro ritorno tra noi.

I venti mesi di Gigi sono una vita, una vita spezzata che continua, malgrado tutto, a credere nella vita. La follia della violenza, tutt’altro che cieca in questo caso, rivela il suo volto mascherato da giustificazioni fanatiche che hanno preso in ostaggio il tempo e il volto di Dio. Il suo volto, sul Golgota, era una maschera di sangue e quello di padre Pierluigi, nel video fatto conoscere fuori dall’Africa da 'Avvenire', era il volto stanco e sofferto di chi sa di essere tenuto in ostaggio da criminali senza nome. Il male esiste e si riproduce attraverso coloro che cedono ai suoi metodi, alle lusinghe perverse della dignità della persona che neppure nei sequestratori è cancellata. Pierluigi porta su di sé, assieme ad altri in simili situazioni di cattività, il mistero dell’iniquità umana, il tragico volto della menzogna e la fragile speranza di un ritorno a casa. Sì, la violenza contro Pierluigi - amico, fratello e padre - è una delle più eloquenti metafore del nostro tempo. E il rintocco lontano delle campane di Pasqua è memoria di una pietra rimossa dalla tomba vuota.

Niamey, 16 maggio 2020

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