mercoledì 20 maggio 2009
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Si potrà dire quello che si vuole di quanto accaduto ieri a Torino in zona Valentino e dintorni. Si potranno fare i distinguo più disparati e introdurre elementi di valutazione di matrice politica o sociale, ma su un elemento oggettivo qualunque persona di buon senso dovrà convenire: gli scontri, le sassaiole, i danneggiamenti, i tentativi di sfondare i cordoni di polizia schierati a protezione del summit dei rettori di 41 atenei del cosidetto G8 universitario erano da mettere in conto. A Torino si è visto un copione collaudato, il solito di quando una minoranza di violenti sostituisce alle ragioni delle idee e della proposta (e financo della protesta, sempre legittima quando rimane entro i binari della legalità) la forza bruta dei muscoli, dei bastoni, dei sassi per colpire e fare male.Minoranza, dunque. A Torino ieri non era il mondo universitario italiano a protestare contro il G8 dei rettori e contro le politiche (o, meglio, i tagli) del governo italiano. È scesa in piazza una modesta aliquota del corpo studentesco nazionale, se è vero che nel corteo c’erano non più di quattro o cinquemila manifestanti. Scontata la componente proveniente dall’estero, e fin qui nulla di strano data la rilevanza internazionale del vertice, la cui dichiarazione finale ha l’ambizione di rappresentare la voce di oltre tremila università di 18 Paesi.Inquietante piuttosto il fatto che, secondo alcune ricostruzioni, tra i più solerti nel mettere in atto i tentativi di penetrazione nella zona vietata siano stati studenti francesi e baschi, probabilmente non ancora vaccinati – questi ultimi – contro il clima di violenza che ha condizionato le vicende del Paese basco, tanto al di qua che al di là dei Pirenei.I cultori dello sfascio e i professionisti dello scontro che praticano il credo del tanto peggio tanto meglio, pur nettamente minoritari all’interno di una minoranza (tale è il peso quantitativo della cosidetta Onda) hanno nuovamente avuto la meglio paralizzando per due giorni una città, quasi a mettere in atto una prova generale di quello che potrebbe accadere al vero G8, quando i Grandi della terra si raduneranno nell’Abruzzo terremotato a otto anni dal vertice di Genova che ha lasciato ferite non sanate. Il fatto è che l’Onda appare come un contenitore dove confluisce di tutto, destino inevitabile per le strutture nate sulla spinta dello spontaneismo. All’Onda, consapevoli o meno gli elementi che intendono condurre un’azione politica e rivendicativa nel rispetto delle regole democratiche, finiscono per fare riferimento – talvolta proponendosi suggestivamente come parte integrante – gruppi, entità e singoli che poco o nulla hanno in comune con il mondo universitario e con gli studenti che mirano solo a laurearsi e vorrebbero studiare in un clima di serenità senza dissanguare le famiglie in una stagione di pesante crisi economica. I collettivi radicali, certi centri sociali, gli autonomi, i gruppetti massimalisti, le frange della sinistra estrema sono, non da oggi, pronti a cogliere la palla al balzo ad ogni manifestazione di piazza. E il "movimento" li accoglie, esponendosi anche alle strumentalizzazioni e fino a lasciarsi infiltrare. I risultati li abbiamo visti ancora una volta a Torino con 19 agenti feriti, due arresti, danni materiali rilevanti, un clima di paura che sotto la Mole non verrà dimenticato tanto presto.Tutto perché qualcuno inseguiva la visibilità. Impossibilitato a darsela a livello politico, l’ ha cercata con i bastoni e i sassi. E l’ha avuta: di nuovo i giornali sono stati indotti a dare spazi di prima pagina al gioco al massacro dei professionisti dello sfascio. «Free media», giornali gratis: così gli esperti di analisi dei comportamenti sociali chiamano il fenomeno.«Free media» per un manipolo di violenti saliti sulla cresta di un’Onda incapace di isolarli.
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