venerdì 20 marzo 2009
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Si è riaperto il dibattito su alcune norme controverse del Disegno di legge sulla sicurezza, in particolare quelle che prevedono il reato (contravvenzionale) di clandestinità, e la possibilità di denuncia da parte dei medici per gli immigrati irregolari che ricorrano alle loro cure. La lettera di numerosi deputati della maggioranza al presidente del Consiglio – seguita dal 'richiamo' del premier alla Lega a non «volere tutto» – ha richiamato l’attenzione sul tema, ed ha una logica parlamentare che non è opportuno esaminare in questa sede. Ciò che conta è che la politica è tornata ad interrogarsi sul punto nevralgico di una legge che investe la legalità e l’accoglienza, i diritti degli immigrati, che ha forti implicazioni etiche. Si tratta di un fatto indubbiamente positivo. Sulla questione dell’immigrazione si è raggiunta in Italia una comunanza di vedute su aspetti decisivi che superano le divisioni di maggioranza o minoranza, governo od opposizione. L’accoglienza dell’immigrazione da parte delle istituzioni e della popolazione deve coniugarsi con il rispetto della legalità da chiedersi a tutti gli immigrati, e in questo equilibrio sta la sostanza di un sistema normativo che vuole tener conto della multiculturalità senza farsi imprigionare nelle gabbie del multiculturalismo. Turbare questo equilibrio con forzature, o con lesioni dei diritti individuali, vuol dire fare una cosa sbagliata ma anche offuscare quanto di buono il governo ha fatto su altri profili della politica dell’immigrazione. L’immigrato, prima di essere regolare o irregolare, è una persona e in quanto tale va tutelato anzitutto in ciò che attiene la sua salute, la prevenzione e la cura delle malattie, anche perché senza questa tutela altri diritti umani sono messi a rischio. La cura delle malattie è per se stessa evento riservato che riguarda il medico e il paziente (e la sua famiglia) e non può essere sottoposta a condizioni od oneri di alcun genere, ancor meno punitivi. Inserire la possibilità di una denuncia per coloro che chiedono di essere curati innesca meccanismi che possono provocare danni per i medici, i pazienti, la società. Il medico è sottoposto ad una pressione (chiamiamola così) per sporgere una denuncia che non gli compete e mette a rischio la sua professionalità. Il paziente subisce un condizionamento diverso, perché per paura della denuncia è tentato di non ricorrere alle strutture sanitarie, e cercare vie traverse per curare se stesso o la propria famiglia, compresi i figli minorenni. La società è esposta al rischio che qualche malattia infettiva sfugga al controllo sanitario e invece di essere limitata ed eliminata si propaghi in altri soggetti. Infine, misure del genere provocano la caduta della solidarietà verso i soggetti più deboli e la diffusione di una diffidenza che può crescere con il tempo. Occorre prendere coscienza del fatto che si tratta di norme che vanno contro tendenza rispetto all’integrazione degli immigrati che tutte le forze sociali vogliono realizzare nel nostro Paese. Si tratta di argomenti razionali, evidenti a tutti, che oggi chiedono una valutazione saggia e ponderata a livello politico perché in Parlamento si sta decidendo una legge che ha influenza su tante persone, ed è destinata a caratterizzare l’intera politica verso l’immigrazione. È noto che le organizzazioni cattoliche, di altre confessioni, laiche, di volontariato, che vivono nel mondo dell’immigrazione e svolgono una preziosa opera di accoglienza, aiuto e integrazione, hanno chiesto unanimemente che il governo riveda il circuito negativo che si viene a creare tra la norma sul reato di clandestinità e l’altra sulla possibilità di denuncia degli immigrati irregolari. Proprio perché operano direttamente sul tessuto sociale dell’immigrazione, queste organizzazioni sanno quali possono essere gli effetti negativi di leggi affrettate e poco ponderate, che ricadono su persone che sono tra le più deboli e bisognose di tutela sociale. Il fatto che anche numerosi parlamentari della maggioranza si siano fatti interpreti delle stesse esigenze sta a dimostrare che esiste un vasto consenso sociale e politico per una modifica normativa che sarebbe il frutto il equilibrio e di saggezza. Insomma, ci sono tutte le condizioni perché, senza smentite o abiure da parte di nessuno, si compia un atto di giustizia e di intelligenza e si eviti un vulnus alla nostra tradizione di accoglienza che non garantirebbe nulla sul terreno della sicurezza ma toglierebbe molto a livello di umanità e di legalità verso chi ne ha più bisogno.
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