venerdì 10 agosto 2012
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Caro direttore,la tutela della vita, in tutte le sue fasi, è da sempre uno dei valori per cui Avvenire prende posizione con coraggio e senza timore di andare contro corrente. Le grandi battaglie civili fatte dal suo giornale nei confronti della vita nascente sono note a tutti e in questi giorni si sono concentrate nel sollecitare la firma del ministro Balduzzi alle Linee guida per la Legge 40, a tutela degli embrioni congelati. Mentre la ringrazio per questa sua attenzione costante a un tema così delicato (Avvenire è praticamente l’unico giornale ad occuparsene...), vorrei richiamare l’attenzione sulla mortalità neonatale, in Italia attorno al 2,4 per mille.Vorrei partire da due fatti apparentemente in contrasto tra di loro, ma che finiscono per condurre a una stessa conclusione. A Roma si è avuta, nel giro di pochissimi giorni, la morte di alcuni neonati in strutture diverse per dimensioni e modelli organizzativi. A Villa Maria Pia un neonato è morto perché la clinica mancava di terapia intensiva neonatale; al San Giovanni un altro neonato è morto perché sono stati invertiti alcuni tubicini, e si è scoperto che il reparto era affidato a una eccellente ginecologa, ma non a un medico esperto di Terapia intensiva neonatale; e per ultima una bambina è morta al Fatebenetratelli mentre stava per nascere: il suo cuore si è fermato dopo aver battuto regolarmente per nove mesi. Fatti diversi, che comunque rimandano alla imprescindibile necessità di tutelare i bambini appena nati mettendo a loro disposizione le migliori competenze cliniche possibili, senza tentare di risparmiare.Eppure è di pochi giorni fa la notizia che sempre a Roma dalla collaborazione tra l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e il Policlinico Universitario Agostino Gemelli è nato un nuovo centro Exit, (ex utero intrapartum treatment), di assoluta eccellenza che si affianca a un analogo Centro attivo da oltre 20 anni presso il reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico Umberto I, diretto dal professor Mario De Curtis. I centri Exit offrono una particolare tecnica di rianimazione che si esegue alla nascita sui neonati che presentano gravi e rare malformazioni che causano una compressione delle vie aeree. Richiedono quindi competenze cliniche e tecnologiche di altissimo profilo.Non c’è dubbio che la sanità italiana sia in grado di offrire prestazione di sicura qualità per tutelare il diritto alla nascita di bambini che vengono al mondo con qualche difficoltà, a volte anche con difficoltà più serie come accade ai bambini che si rivolgono a Exit. Tuttavia gli ultimi decessi non possono essere archiviati come "incidenti di percorso". E il fatto che siano avvenuti tutti a Roma desta un serio allarme. Il timore è che nelle operazioni di taglio imposte alla Sanità, torni a crescere l’indice di mortalità neonatale. Nel Lazio, la regione con il maggiore disavanzo di bilancio, l’indice di mortalità neonatale è già superiore alla media nazionale: 2,8 contro 2,4 per mille. Eppure non mancano né strutture tecnologicamente sofisticate né personale qualificato, anche se gli attuali vincoli di bilancio rendono molto difficile sostituire adeguatamente chi va in pensione. Sembra più conveniente far ruotare il personale spostandolo da altre unità, come se certe branche della medicina non richiedessero livelli di assoluta e specifica competenza.In questi mesi, ho rivolto varie interrogazioni al ministro della Salute e quando è stato possibile ho presentato anche ordini del giorno per chiedere una particolare attenzione alla Terapia intensiva neonatale, come tutela e garanzia della vita dei bambini appena nati. Proposte che hanno sempre trovato piena accoglienza teorica, ma nulla si è mosso. E continuano a morire bambini che invece potrebbero vivere. È arrivato il momento di considerare anche i loro diritti, che considero al primo posto tra i diritti civili! La ringrazio dell’attenzione: mi creda, in tempo di crisi e di "spending review", i più piccoli meritano maggiore attenzione. Spero che il Governo ne tenga davvero conto, cordialmente
 
Paola Binetti, deputato dell’Udc
 
Ho solo da condividere la sua speranza, cara onorevole Binetti. E da farle, per quel che posso, eco.
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