Il cuore dietro le notizie più amare
venerdì 23 dicembre 2016

Panettone-regalo ai clienti più affezionati: niente di più consueto, con il Natale alle porte. Quasi un riguardo dovuto per mettere il fiocco agli auguri e dare un segno di attenzione a chi viene a spendere alla tal bottega preferendola alla talaltra. ( Nella circostanza al settimo piano di uno stabile, attrezzato in tutto con saletta di immediata assunzione della roba e sistema di video sorveglianza). È stato, però, difficile esporre, come è d’uso, il cartello con l’offerta; e ciò a causa di un vizio di origine che ha impedito, o almeno ostacolato, di pubblicizzare a dovere la strenna. Il fatto è che il panettone era l’omaggio-incentivo riservato a chi acquistava più droga. Un dolce premio di fedeltà per una vicenda che più amara non potrebbe essere e che fa in modo che i riflettori siano ancora puntati su Napoli: su quel grottesco di Napoli che di una vicenda come questa reclama una specie di copyright sulla (s)fiducia. Viene infatti da chiedersi in quale altra parte, se non dalla città partenopea, poteva venir fuori una notizia così.

È probabilmente proprio questo, nell’immaginario collettivo, il primo pensiero a farsi strada e a fare strada, poi, a tutto il resto.
Anche nel comparto- sempre ben nutrito - dei reati, a Napoli si parte dal presupposto di un’originalità che non può mancare, proprio come un marchio di fabbrica riconoscibile. L’inventiva, la fantasia, il guizzo di una furbizia che suscita più ammirazione che altro ( chi non ricorda i cori di "meraviglia" per le magliette con la stampa delle cinture di sicurezza quando queste furono rese obbligatorie? ) rappresenta il corredo più usuale a commento di una cronaca che, proprio a motivo di queste qualità, si sottrae alla normale collocazione di "nera" e travalica verso il costume, deviando così anche il corso e forse l’obiettività dei giudizi. Si spalancano in tal modo le porte a un folclore che sembra la quintessenza di Napoli, e senza il quale la vita della città, in tutti i suoi aspetti, quasi non avrebbe senso. Si accetta, da una parte per convenienza e dall’altra per una sorta di rassegnata assuefazione che questa città non potrà mai essere come le altre.

Qui c’è talvolta il divieto di traffico, ma - sempre - quello della normalità. Si dà per scontato che si tratti di una storia a parte, un unicum di cui la rappresentazione della vita quotidiana - la Napoli come palcoscenico a cielo aperto - continua a esibire le prove, suffragate dai continui e scontati richiami ai grandi simboli del teatro dall’arte (De Filippo, Viviani, Scarpetta), al messaggio di canzoni, che da melodie immortali accompagnate da violini e mandolini, sono spesso diventate stonate note d’appoggio alla malavita, alla stessa totale identificazione con le sorti di una squadra di calcio che a sua volta continua a essere identificata, in senso storico, con il Napoli del mitico Maradona.

Napoli presa esclusivamente dalla parte del folclore, è, però, un grande abbaglio del quale occorre cominciare a liberarsi; e la città prima di tutti, perché autocompiacersi dei sorrisi alle spalle, è come restare prigionieri di una maschera triste e falsa che continuerà a occultare verità di ben altro spessore.

A suo modo la vicenda dei panettoni-premio degli spacciatori impone una scelta di campo: la si può considerare una curiosa notizia made in Napoli. O, invece, l’ennesimo campanello di allarme, anzi l’ultimo sfregio, di un mondo del crimine così tranquillo e sicuro di sé da poter curare anche tutti gli aspetti del marketing commerciale. Non è più folclore ciò che riesce a sovrapporsi alla verità. Si chiama in un altro modo: inganno. E Napoli ne ha conosciuti già troppi. Ecco allora la necessità di aiutarla a ritrovare la parte giusta di se stessa, il filo di un’altra storia non intrecciata nei meandri di quella cronaca misera e amara che sembra oggi rivendicare tutta a sé l’intera narrazione della città.

Non è cosi. Napoli, pur con tutti i suoi tormenti, è molto e ben altro: come non si stanca di dimostrare una chiesa locale impegnata a declinare, giorno per giorno, nella vita quotidiana della sua gente, il valore concreto delle sette opere di misericordia.

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