Memorie necessarie ma non uguali: sapersi inchinare e pure inginocchiare
sabato 8 febbraio 2020

Gentile direttore,
la Giornata della Memoria del 27 gennaio è stata istituita dalle Nazioni Unite nel 2005 per trasmettere alle nuove generazioni e, quindi, tramandare ai posteri la storia terribile dell’Olocausto e tutto ciò che esso ha determinato per gli ebrei e gli altri perseguitati dal nazismo. L’Italia ha formalmente deciso d’istituirla ben cinque anni prima, con la legge 211 del 2000, che all’inizio porta questa citazione: «Il Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti...». Quindi in tale giornata si fa un preciso riferimento ai soli campi nazisti e basta. Si fa preciso riferimento ai deportati ebrei e un accenno agli altri deportati italiani. Ecco, qui sta una mia osservazione: nelle cerimonie sugli altri deportati, soprattutto i militari, purtroppo, quasi mai un accenno. Spesso niente di niente. Eppure i soldati italiani che non vollero aderire alla Repubblica fascista di Salò, gli Internati militari italiani (Imi) Hitler non li considerò prigionieri di guerra, bensì 'traditori', 'mezzi uomini' (parole sue) e subirono sofferenze tremende e morti atroci. Inoltre, non si dovrebbero dimenticare anche tutti gli altri militari italiani, prigionieri di guerra, catturati dagli Alleati, che vennero deportati e vissero ben lontani dai vari teatri delle operazioni. La maggior parte di questi prigionieri cominciò a ritornare in Italia dal 1945, ma gli ultimi, pochi, tornarono dalle steppe della Siberia sovietica, addirittura nel 1954. Ecco ancora: ma perché in questa Giornata della Memoria le Istituzioni del nostro Stato e le Associazioni non riescono a coordinarsi per citare che c’erano anche loro, oltre ai poveri ebrei? Eppure, anche questi deportati erano tantissimi, oltre il milione di uomini. Militari che hanno sacrificato la loro esistenza, molti fino alla morte, per consegnare all’Italia valori diversi a cui credevano: libertà e pace. Perché non richiamare anche la memoria di tutti questi italiani, brava gente?

Adalberto de’Bartolomeis Monselice (Pd)

Siamo d’accordo, gentile signor de’Bartolomeis, su un punto chiave: la memoria degli orrori per i quali dobbiamo saper dire 'mai più' non può essere selettiva, sino al punto da escludere alcune categorie di vittime. Ma non può essere, la memoria, neppure senza profondità e senza consapevolezza della diversità oggettiva dei fatti e dei misfatti per cui essa va esercitata. Mi inchinerò sempre di fronte al sacrificio dei militari italiani internati per aver rifiutato di seguire Mussolini nella sua strenua alleanza coi nazisti e anche di fronte al decoro e alle sofferenze dei prigionieri di guerra degli Alleati e dei sovietici. Ma di fronte agli ebrei vittime della Shoah e ai rom e sinti vittime del Porrajmos, lo sterminio e il «grande divoramento » pianificati da Hitler, anch’io mi inginocchio.

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