Rifiuti di Roma: fatti non polemiche
mercoledì 10 maggio 2017

Adesso sono gli stellati grillini contro le "magliette gialle" renziane, il Comune di Virginia Raggi contro la Regione di Nicola Zingaretti. In passato sono stati rossi contro neri, verdi contro bianchi... Cambiano i colori delle casacche politiche, ma il risultato non cambia mai, da anni: perdono i residenti, i pendolari, i pellegrini, i turisti. Il campo di gioco, anzi di battaglia, è sempre Roma. Capitale d’Italia, cuore dell’arte e centro della cristianità. Caput Mundi, si diceva in tempi antichi. Ora, di nuovo, soltanto un grande agglomerato metropolitano alle prese con migliaia di sacchetti di spazzatura disseminati per le strade, per non parlare dello stato pietoso in cui versano marciapiedi, vicoli, sottopassaggi: sporcizia, gabbiani a volo radente o tranquillamente a passeggio tra la gente, cornacchie, perfino cinghiali e volpi. Piange il cuore a scriverlo, ma a volte più che una città sembra un po’ discarica, un po’ foresta, a tratti favela. E non bastano, a consolare di tanta desolazione, l’eterno splendore del centro storico, la vista mozzafiato di San Pietro, lo spettacolo che si gode affacciandosi dal Pincio e dal Gianicolo, i ponti secolari che modellano il corso del già «biondo» Tevere.


Che cosa è successo? Niente di nuovo, niente che non fosse ampiamente prevedibile: gli impianti – già pochi, malfunzionanti e non certo all’avanguardia – hanno smesso di "ricevere". Sono bloccati, intasati. Accade, in genere, nel periodo di Natale e nei mesi di luglio e agosto. Dell’ennesima emergenza rifiuti capitolina scrivevamo giusto nel luglio scorso, meno di un anno fa, e notavamo come fosse allora trascorso appena un mese dalla campagna elettorale per il Campidoglio in cui «tutti i candidati, senza eccezioni» avevano assicurato «di avere grandi idee e soluzioni per ripulire Roma bene e in tempi rapidi».


Oggi l’intasamento è arrivato di nuovo, perfino in anticipo rispetto alla consueta crisi estiva, quando il caldo aumenta il puzzo dell’immondizia che marcisce al sole. Ma le parti in contesa nelle scorse comunali non trovano di meglio che rimpallarsi le responsabilità: colpa di chi comanda adesso; macché, colpa di comandava prima. Troppo facile.


Troppo facile prendersela con l’inesperienza della sindaca in carica o con la gestione di Ignazio Marino, con "mafia capitale", con Gianni Alemanno e via così, magari fino a Romolo. Non può essere così. Soprattutto, così non funziona. Non può funzionare. Totò, con la sua maestria nel far ridere dicendo la verità, avrebbe detto che «è la somma che fa il totale». Ecco, il totale è un numero enorme di sacchetti puzzolenti da smaltire adesso. Adesso.


Ne è consapevole certamente la sindaca Raggi, che un mese fa ha dovuto cedere alla necessità e riutilizzare (commissariati) due impianti di proprietà di Manlio Cerroni, "re della monnezza" e padrone della discarica di Malagrotta, già sequestrata e riaperta non si sa quante volte e ora definitivamente chiusa. Ma nemmeno questo strappo alla rigida ortodossia grillina pare essere servito a migliorare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti.


Né si può pensare, al di là della carica simbolica, di risolvere la questione con il volontariato delle "magliette gialle" del Pd romano che domenica saranno impegnate nelle pulizie cittadine. Anche perché, dopo aver raccolto l’immondizia, bisogna sempre trovare un posto dove portarla. Basta chiedere agli autisti dei camion carichi di rifiuti che ogni giorno partono per altre località del Lazio, per l’Abruzzo e per l’Austria. Perché, parliamoci chiaro, l’emergenza nella Capitale non si è mai conclusa.


In definitiva, l’ultima cosa che serve adesso è lo scaricabarile politico. Tutti, anziché cercare le colpe altrui, dovrebbero cercare di contribuire alla soluzione di un problema assillante e d’interesse comune. Non spetta a noi dire come, ma un modo efficace e sostenibile ci sarà pure: l’immondizia non si produce solo a Roma. E sappiamo certamente perché la risposta va data adesso. Perché è necessario, è giusto, è urgente. Dopo di che la giunta in carica sviluppi pure il grande piano di «conversione ecologica ed economica» (più volte annunciato e di cui per ora non si vede né l’avvio né un accenno) per trasformare i rifiuti in risorsa. È la via giusta. Sarebbe un’impresa memorabile.

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