martedì 12 febbraio 2013
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Per quanto inattesa, la notizia delle dimissioni di Papa Benedetto non è estranea all’insegnamento e alla testimonianza del pontefice tedesco. Vi è anzitutto la sua reiterata insistenza sul concetto di ministero petrino. Naturalmente il pensiero del servizio associato al compito dei successori di Pietro non è nuovo nella storia della Chiesa. Vi fa riferimento il titolo di servo dei servi di Dio con il quale i Papi da Gregorio Magno in poi hanno concepito il loro incarico.
È certo, però, che già da cardinale Ratzinger aveva insistito sulla struttura martirologica, testimoniale del ministero del successore di Pietro dove l’idea del martirio non faceva tanto riferimento alla testimonianza cruenta, quanto alla dedizione totale, quotidiana richiesta al pontefice. Egli sottolineò poi questo concetto fin dalla Messa inaugurale del suo pontificato, che volle definita Messa per l’inizio del ministero petrino. Il pensiero a questo punto va spontaneamente al capitolo conclusivo del Vangelo di Giovanni, tanto caro al Papa, con il triplice quesito rivolto da Gesù a Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? Mi ami tu, mi ami tu?». E poi l’annuncio: «Quando eri giovane, ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio, tenderai le tue mani e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Con questi sentimenti Papa Benedetto ha affrontato il suo pontificato e con gli stessi ha fatto la scelta delle dimissioni in un estremo gesto di obbedienza e di sequela alla chiamata del Maestro. Papa Benedetto non è l’uomo dalle decisioni improvvise e non è abituato a sfuggire alle difficoltà. La sua determinazione nasce dalla visione molto elevata del compito del Papa come servitore dell’unità, ma anche dalla profonda convinzione maturata negli anni della presenza viva di Gesù nella Chiesa. Si spiega così la tenacia con la quale ha voluto portare a compimento i suo tre volumi su Gesù di Nazaret, a delineare una cristologia e una ecclesiologia spirituale. Dove l’aggettivo spirituale sta a sottolineare l’aspetto personale di Gesù. Nella parola e nei sacramenti, in particolare nell’Eucaristia, con il suo Spirito d’amore Gesù è presente e vivo nella comunità cristiana che da lui riceve vita e giovinezza. Egli non è solo il profeta vissuto duemila anni fa, ma il Figlio che siede alla destra di Dio. A lui i fedeli possono rivolgersi in ogni momento per far giungere al Padre la lode e il ringraziamento per la sua magnanimità nell’opera di salvezza e per chiedere aiuto e sostegno nel cammino della vita. È ancora lo Spirito di Gesù che guida la Chiesa e la governa, che calma le tempeste della storia. Vi è un’ulteriore riflessione degna di attenzione: Benedetto XVI ha preso la sua decisione nell’Anno della fede da lui stesso convocato. Fede in questo caso vuol dire fiducia riposta nello Spirito.
Il Papa può compiere, dunque, questo gesto sapendo di rimettere il suo mandato nelle mani del Paraclito, il quale guiderà i cardinali a eleggere un successore che sappia servire con rinnovato vigore all’incarico di tenere unita la comunità dei credenti. Vorrei ricordare che se il Papa lascia la guida della Chiesa, egli resta un padre che mette a disposizione la sua preghiera e la sua testimonianza in unione profonda con il suo successore e con tutta la comunità credente. A lui vanno dunque l’augurio che già Origene rivolgeva a un anziano: «La tua età matura sia feconda come la tua giovinezza», così come la gratitudine e la preghiera dei fedeli tutti.
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