Ma tornare indietro no
sabato 1 agosto 2020

I dati congiunturali del secondo trimestre 2020 appena usciti ci raccontano del cataclisma economico che la pandemia ha portato con sé assieme a lutti e tragedie personali. La Spagna, su base annua, ha perso il 18,5%, la Francia il 14%, l’Italia il 12% sul trimestre e il 17% sull’anno della produzione di beni e servizi. Nell’accordo del 21 luglio del Consiglio europeo i leader dei Paesi dell’Unione hanno deciso di mobilitare 1.824,3 miliardi tra budget europeo settennale e Recovery Fund.

In concreto per noi si tratta di programmare da qui al 31 ottobre (con progetti di qualità) la spesa di 209 miliardi. Il 30% di questi fondi devono essere utilizzati per mettere la Ue sul sentiero della transizione ecologica per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050. E c’è di più (come recita il punto 18 dell’accordo): tutti gli investimenti, nessuno escluso, devono essere coerenti con gli accordi di Parigi sul clima (aumento temperatura entro 1,5 gradi) e con il principio stabilito in sede Ue di migliorare su almeno una delle sei dimensioni della transizione ecologica (mitigazione dei cambiamenti climatici, adattamento ai cambiamenti climatici, uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine, transizione verso un’economia circolare, prevenzione e riduzione dell’inquinamento, protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi) senza peggiorare sulle altre.

Leggendo tra le righe, ciò significa che senza il filtro della sostenibilità ambientale nessun progetto d’investimento degli Stati nazionali può essere ammesso e, ad esempio, che investimenti in fonti fossili dovrebbero essere esclusi per principio, raccogliendo in questo l’esortazione esplicita di papa Francesco nella Laudato si’ (165) e seguendo coerentemente la scelta della Banca Europea degli Investimenti che ha deciso di bandire il finanziamento di tali investimenti. Quando troviamo lungo la strada un cartello che segnala il pericolo di un burrone non si tratta di un limite insopportabile alla nostra libertà, ma di un’indicazione che ci evita un male peggiore.

Quelli che appaiono come vincoli e limiti sono in realtà punti d’appoggio su cui fare leva e che molto spesso ci aiutano a superare indecisioni e si trasformano in grandi opportunità. Dobbiamo incamminarci su questo sentiero con una strategia che tenga assieme sostenibilità ambientale, creazione di posti di lavoro e di valore economico e soprattutto - insistiamo su questo punto dal lato dell’economia civile - generatività e ricchezza di senso del vivere, mettendo la persona al centro. Si tratta di un’impresa assolutamente possibile, anzi necessaria. Due degli economisti più prestigiosi dei nostri giorni, Daron Acemoglu e Philippe Aghion, hanno da tempo sviluppato modelli di 'directed technological change' (sviluppo tecnologico 'direzionato', American Economic Review 2012, 102(1): 131-166). Spiegando che con incentivi, tasse e sussidi a investimenti e ricerca green si può raggiungere l’obiettivo dello sviluppo sostenibile e che i ritardi nell’intraprendere questa direzione renderanno peggiore la performance futura delle economie. Il ventaglio delle azioni realizzabili è ampio e ne sottolineiamo soltanto alcune.

L’economia circolare sarà la chiave di volta del futuro. È un settore fortemente innovativo e ad alto rischio, e sarebbe fondamentale la creazione di un’agenzia pubblica (o la dedicazione a essa di una sezione specifica dell’attività di Cassa Depositi e Prestiti) che faccia da intermediario assumendo parte dei rischi degli operatori privati per aiutare lo sviluppo del settore. L’ecobonus per l’efficientamento energetico degli edifici ha la forza di far ripartire un settore essenziale per l’economia e l’occupazione (l’edilizia), facendo leva soprattutto sull’economia locale, mettendolo al servizio dell’obiettivo della transizione ecologica. Va accompagnato da garanzie pubbliche sul credito che aiutino i cittadini a pagare il meno possibile per l’anticipo di risorse comunque necessario per avviare gli investimenti nonostante l’opportunità della cessione del credito.

In Italia circolano ancora troppi mezzi di trasporto vecchi e altamente inquinanti. La loro riconversione in mezzi di trasposto di frontiera nella transizione ecologica è essenziale, mette in moto il settore forse più pesantemente danneggiato dalla crisi, e va aiutata con incentivi robusti. Non possiamo pensare di realizzare con successo la transizione se non riformiamo regole su premi e contabilità formulate in un’epoca in cui il tema della sostenibilità non esisteva. Le imprese (non solo quelle sopra i 500 addetti) devono avere un secondo bilancio (rendicontazione non finanziaria) che riporti con indicatori semplici la loro posizione nella transizione. Non possiamo premiare chi 'va contromano', ovvero manager di aziende che fanno passi indietro sulla transizione mettendosi di fatto fuori mercato e creando un danno alla loro impresa e al Paese (costretto poi a intervenire per difendere lavoratori di aziende in crisi). Pertanto i bonus per i manager e i premi di produzione per la forza lavoro devono essere attribuiti sulla base del superamento (o almeno del non arretramento) sugli indicatori ambientali chiave oltre che per la loro capacità di creare valore per l’impresa.

L’azione interministeriale per la rimozione dei sussidi ambientalmente dannosi deve proseguire con forza. Non è possibile che ancora oggi in Italia, come negli altri Paesi membri, si agevolino fonti fossili. È possibile rimuovere questi aiuti con percorsi che li trasformano in sussidi ambientalmente favorevoli, eliminando i costi economici per le categorie produttive interessate. Investimenti che riducano le perdite dei nostri acquedotti s’inseriscono a pieno titolo nel quadro dell’uso efficiente delle risorse naturali. Il reddito di cittadinanza può diventare più verde e generare lavoro se si rafforza la formazione in tal senso delle persone che accompagna e la dote per progetti di autoimprenditoria sostenibile. Nonostante le difficoltà (e proprio grazie ai vincoli) dell’attuale situazione il Paese può camminare speditamente verso una ripresa generativa e ricca di senso. L’importante è non prendere strade sbagliate o senza uscita e dover poi dolorosamente tornare indietro.

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