martedì 13 gennaio 2009
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E' arduo esprimere giudizi sul decollo della Nuova Alitalia. In circolazione trovando più perplessità che certezze; con pallide speranze che faticano a bilanciare i dubbi. Anche sui comportamenti, ondivaganti, dei politici. Il problema maggiore è rinchiuso in un interrogativo: come dalle ceneri della mitica Fenice (leggendario uccello che ogni 500 anni si gettava in un rogo purificatore per nuovamente spiccare il volo) torneremo ad avere una potente Compagnia di Bandiera, o non piuttosto una modesta aviolinea, sì col tricolore sul timone di coda ma destinata a scadere, un lustro al massimo, a «succursale» di un’altra flotta? Straniera. Società per azioni già gloriosa poi bistrattata dalla Borsa, con oltre 110 mila azionisti (moltissimi i dipendenti) a libro-soci, Alitalia è sempre stata azienda anomala: metà privata e metà pubblica, avendo il ministero del Tesoro il 50% del capitale. Convivenza impossibile, anche in presenza di un variegato caleidoscopio sindacale, una dozzina di sigle, spesso tese alla ricerca di privilegi. Facile comprendere: un simile pasticcio, condito in «salsa politica», non poteva che produrre deficit. Di dividendi s’è persa memoria, il capitale è stato bruciato. La sopravvivenza assicurata da iniezioni di denaro pubblico; strappando il consenso, obtorto collo, di Bruxelles. Tecnicamente e contabilmente Alitalia avrebbe dovuto fallire. Politicamente inaccettabile. Il Governo Prodi, con trattative complesse, s’orientò per la cessione ad Air France. Berlusconi, fiutando elezioni, fece montare sul pennone la bandiera dell’italianità. Parve un bluff, e invece un nugolo di imprenditori rispose all’appello. Fiutando l’affare, dissero alcuni. Non a torto, forse. In virtù di quelle formule di cui solo gli alchimisti della finanza possiedono i segreti, ai subentranti s’è riservata la polpa, allo Stato il torsolo dei debiti pregressi. Una montagna. Poi, defatiganti trattative coi sindacati sugli esuberi, scioperi a ripetizione; un «piano industriale» tutto impostato sul ridimensionamento. Meno aerei (per inciso: in età prepensionabile), quindi meno rotte. Resta comunque la Bandiera! Italiana, fino a un certo punto. Infatti i «salvatori», non usi a far regali, sfoltito drasticamente il personale, intavolano trattative. Air France e Lufthansa. Esplode la querelle latente: i francesi, con 320 milioni cash, acquisiscono il 25% del capitale; i tedeschi sono prudenti. In ballo vi è il destino dei nostri due hub: Roma­Fiumicino e Milano-Malpensa. Nel piano della Nuova Alitalia (alleata con Air France), lo scalo milanese verrà sacrificato, anche se ora si promette di no. È la rivolta di sindaci e governatori del Nord, mentre gli industriali presenti nell’azionariato della Nuova Compagnia, a cominciare dalla mantovana presidente della Confindustria Emma Marcegaglia, fanno il pesce in barile. Si sussurra: pur consapevoli che è il Nord a fornire oltre il 60% dei passeggeri paganti, non possono «sgradire» le scelte governative. Mentre Berlusconi minimizza l’insoddisfazione dei nordisti. Lombardi (Moratti-Formigoni, leghisti), piemontesi (il torinese Chiamparino), veneti (il governatore Galan). Da dietro le quinte sollecitano invano Lufthansa. Pertanto la resurrezione di Alitalia, anziché essere accompagnata da vasto consenso, diviene «un problema nel problema». Tuttavia, dovremmo avere il coraggio e la forza intellettuale e civile di farla finita col tormentone, le polemiche. Pensare ad agire in positivo. Pur con i limiti alle zone d’ombra cui abbiamo fatto cenno, Alitalia riparte. Tante questioni restano aperte, ma avremmo preferito il fallimento? Cerchiamo allora di guardare in avanti: se gli imprenditori sapranno fare il loro mestiere, potremmo contare su una Compagnia Nazionale. Il che non è poco. Quanto agli stranieri, non devono far paura, se saremo capaci di uno sforzo collettivo. Occorre però fissare un paletto, né derogabile né aggirabile. La Vecchia Alitalia è precipitata avendo perso la fiducia della gente, dell’utenza. La Nuova è chiamata a riconquistarla. L’utente, sin qui dimenticato, sarà l’artefice della riuscita o meno. La Nuova Alitalia dovrà infatti venire giudicata dal servizio che saprà rendere al Paese.
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