domenica 28 aprile 2013
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Caro direttore,
adesso l’ignobile Dario Fo fa lo schifiltoso buffone nei confronti dei due Renati (Brunetta e Schifani). Ma io, varesino coetaneo, scampato con fuga in Svizzera organizzata da don Motta e da Vittorione (che, dopo, fu presbitero) lo ricordo nelle squadre della Repubblica Sociale che declamavano: 'Boia chi molla'. Una di queste squadre mandò in "viaggio turistico" in Germania (1944) mio cognato Antonio, che se la cavò, rientrando però con la salute rovinata, e se ora fosse qui sarebbe schifato del sopranominato Dario.
Silvio Ghielmi
 
Nella vita si compiono anche gravi errori, caro dottor Ghielmi, e magari – aiutati dagli eventi – si arriva presto a capirlo, ci si può correggere e si riesce persino a risarcire (moralmente e materialmente) coloro che ne sono stati vittime. Poi, magari, si compiono altri errori, di segno diverso e persino opposto. Càpita anche agli uomini di cultura e di buone letture (anzi, a loro persino più spesso che ad altri).
Càpita anche ai Premi Nobel. Dario Fo non va perciò impiccato a un errore compiuto nei suoi verdi anni. Errare, come si sa, è umano. Ma, lei ha perfettamente ragione: perseverare è diabolico.
E la logica del “boia chi molla” nella guerra al “nemico” designato si rivela regolarmente devastante e ingiusta, sia che la si applichi, ancora giovanissimo, da destra, sia che la si usi, ormai più che maturo, da sinistra. Non solo: la pretesa di dividere sempre e comunque, in modo manicheo, il mondo in bianco e nero (che è cosa ben diversa dal distinguere il bene dal male...) può rivelarsi davvero stupida e feroce. Si può avversare seriamente una visione politica e persino un modo di essere, ma non denigrare volgarmente tutto questo. I cristiani dovrebbero esserne sempre profondamente consapevoli, ma anche i laici non sono affatto esentati dal comprenderlo. Chi poi, come Fo, s’è impancato per anni a maestro che, con la schiettezza del giullare, spiega libertà, autenticità e civiltà a tutti, dovrebbe fare uno sforzo supplementare.
Altrimenti la sua stessa “satira” che degenera in cattiva invettiva umana finirà per sfregiarlo amaramente.
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