mercoledì 5 giugno 2013
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Povere librerie. Povere quelle che chinano il capo, socchiudono gli occhi, abbassano la serranda cigolante e mestamente si accomiatano, cedendo il posto a un outlet, a un temporary, insomma a qualche diavoleria dotata di banale e modaiola denominazione english. Ma povere pure quelle che resistono e nascono e rinascono, piazzando nell’insegna un inevitabile store e spacciando musica, video, agendine, matitine e matitone, pupazzetti, bibite e proponendo perfino libri, e allestiscono vetrine ansiolitiche ingombre di un unico, incombente e angosciante best-seller, in queste ore Inferno di Danilo Bruno, che poi sarebbe Dan Brown ma in qualche modo dobbiamo pure vendicarci di tutto questo english superfluo.Poveri libri dal mercato depresso: un altro meno 4,4 per cento nel primo quadrimestre dell’anno, dopo il meno 15 del biennio 2011-2012. La classica spirale perversa: se vendo meno libri, devo stamparne in numero minore; ma in questo modo sono costretto ad aumentare il prezzo di copertina e i possibili lettori – ardita minoranza felicemente immergente – che già prima si astenevano dall’acquisto per il prezzo da loro considerato alto, fuggiranno.Strana fuga questa dei lettori che invece, al Salone del libro di Torino, hanno fatto acquisti a man bassa. Anche nelle librerie si aggirano lanciando occhiate golose. Nelle Stazioni ferroviarie, ormai, le librerie hanno preso il posto delle sale d’aspetto: stai in piedi, ma non inoperoso. Nei grandi store (sic) c’è la caffetteria con snack e piccola pasticceria, per improvvisi cali glicemici. Insomma, la gente ci entra; poi magari individua i titoli interessanti, se li annota diligentemente, torna a casa, apre il pc e acquista il libro on-line a prezzo molto più basso.E allora, che fare? L’Aie (Associazione italiana editori) aderisce all’appello di dozzine di fondazioni, accademie e istituti e chiede al governo di consentire la deducibilità delle spese per i libri (ne parliamo a pagina 21, nella copertina di Agorà). Un’ipotesi interessante, che potrebbe far invertire la spirale: più libri acquistati, tirature in crescita, prezzi di copertina in calo e, in generale, vantaggi per Pil e gettito fiscale. Impossibile non essere favorevoli. Ma impossibile, pure, illudersi che la terapia sia sufficiente.Una cura non basta. Ci vuole la vaccinazione. E occorre essere logici: chi oggi legge più volentieri? Chi si accosta al libro – da sfogliare, leggere e ascoltare, letto da qualcun altro – senza pregiudizi? I bambini. Più piccoli sono, meglio è. I bambini non si pongono domande idiote del tipo: qual è il libro di moda? È trendy leggere? Mi guardano con maggiore considerazione se impugno un tomo o un videogioco o un tablet, che servirebbe anche per leggere libri ma io uso solo per chattare, smozzicando frasi come schegge sgrammaticate disseminate nel web? I bambini seguono la sola logica del proprio piacere. Leggono, e chiedono ai grandi di leggere ad alta voce, perché provano piacere.Indubbiamente, pagare meno tasse è motivo di piacere. Ma non basta. Occorre far tornare il piacere del libro negli adulti; e non farlo smarrire, a poco a poco, nei più piccoli. Come? I migliori cervelli amanti dei libri sparino idee. Si potrebbe cominciare da Nathan Never, eroe di un fumetto di fantascienza, che in un futuro senza libri colleziona libri; e le rare donne che gli fan visita ne restano affascinate. E bello sarebbe vedere gli avengers che, chiamati al dovere («Il mondo ha bisogno di voi!»), rispondono: «Cinque minuti e arriviamo, prima finiamo il capitolo».
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