Le «lezioni» su vita e morte e la schiettezza del dialogo
martedì 25 aprile 2017

Caro direttore,

voglio ringraziarla per la 'lezione' che domenica 23 aprile 2017 con la sua risposta a un lettore («L’incredibile favola per cui chi difende la vita non la conosce e non conosce la sofferenza») ha dato a certi 'progressisti' (e assoluti relativisti), che si riempiono la bocca di diritti e libertà. Spesso su 'Famiglia Cristiana' e sul nostro 'Avvenire' compaiono, tra le lettere e i post on line, 'lezioni' di questi signori. Sono bravi e dunque un po’ ci sopportano, in nome di quella libertà che idolatrano. Ma non ci rispettano. E pretendono di spiegarci il mondo. Proprio l’altra sera ho avuto una di queste lezioni: «Non sarà obbligatorio fare testamento biologico. Se lei nel malaugurato caso di malattia incurabile, vorrà sorbirsi tutte le sofferenze di questa fino alla morte naturale, sarà liberissimo di farlo». Questo signore non aveva ancora potuto leggere la sua rubrica domenicale. È vero: purtroppo ci sono 'civili' Stati moderni che fanno a gara nell’avallare frutti di un cieco e sconfinato egoismo umano: libertarismo senza più solidarietà…

Mario Grosso Gallarate ( Va)

Grazie, caro amico, per la condivisione. Non la pensiamo tutti allo stesso modo, ma c’è una pressione fortissima per farci pensare tutti nell’unico modo da lorsignori gradito sulla vita e sulla morte. Ma, mi creda, non ho lezioni da dare ad alcuno, e non intendo farlo. Ormai da qualche annetto sono semplicemente un cronista e, come dico spesso, un 'portatore sano di opinioni'. Ho solo esperienze da comunicare, fatti su cui riflettere, verità da ricercare e riconoscere con pazienza e rispetto, diversi pareri con cui misurarmi e una speranza di cui dare ragione. In schietto dialogo con tutti. Perché fare un giornale d’ispirazione cattolica è necessariamente impegno di chiarezza e coraggio (impegno mai concluso e sempre da imparare di nuovo…), ma anche - come ci viene incessantemente ricordato - apertura all’«incontro».

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