giovedì 29 aprile 2021
Su Civiltà Cattolica un’analisi di come cambia lo scenario globale al quale si rapporta la Chiesa. Con la pluralità di culture, la sinodalità svolgerà un ruolo sempre più importante
Le tante sfide da affrontare per il cattolicesimo nel mondo

Ansa

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L’articolo di Thomas P. Raush pubblicato in questa pagina è estratto da un saggio più ampio pubblicato sul numero 4101 (1-15 maggio) di «La Civiltà Cattolica»


La più antica istituzione del mondo, la Chiesa cattolica, è davvero una Chiesa globale. Con 1,3 miliardi di membri, essa rappresenta oltre il 50% dei 2,5 miliardi di cristiani nel mondo. Questi enormi numeri e l’organizzazione internazionale ne fanno un attore transnazionale. Stime recenti attestano la percentuale dei protestanti a circa il 37%, e quella delle varie Chiese ortodosse al 12%. Altre comunità, meno tradizionali, come cristiani scientisti, mormoni, testimoni di Geova, rappresentano circa l’1%. E oggi sono in rapida crescita le comunità pentecostali, carismatiche o del Rinnovamento, con oltre 682 milioni di membri. Tuttavia il volto del cristianesimo mondiale oggi sta cambiando. Le principali Chiese europee e nordamericane continuano a perdere membri, e ciò avviene in misura particolarmente rilevante in quelle cattoliche. In America Latina, patria di circa 425 milioni di cattolici, con la crescita del cristianesimo evangelico e pentecostale c’è stato un esodo dalla Chiesa cattolica di decine di milioni di membri.

I pentecostali oggi si attribuiscono circa il 70% di tutti i protestanti latinoamericani. Basandosi su un culto soprannaturale, emotivo, e sulle preghiere di guarigione, spesso predicano il 'vangelo della prosperità', o vangelo della salute e della ricchezza, che affonda le radici nel pentecostalismo statunitense. Proprio il pentecostalismo, nelle sue varie forme, si è dimostrato particolarmente attraente per i poveri dell’America Latina. (...) Negli Stati Uniti la percentuale di cattolici è scesa dal 23 al 20%, con la maggiore diminuzione nel Nordest. Le perdite sono più sensibili tra i giovani adulti. Il 36% dei post-Millennial (giovani fra i 18 e i 24 anni) non ha rapporti con alcuna tradizione religiosa. Essi spesso vengono chiamati 'i non', per la risposta negativa che danno alle domande sulla propria affiliazione religiosa. Nel 1910 l’Europa ospitava il 65% dei cattolici del mondo, a fronte dell’esiguo 24% odierno. Questo calo è dovuto, tra l’altro, ai bassi tassi di fertilità, al fatto che la maggior parte dei cristiani è anziana e aumentano le persone che abbandonano il cristianesimo. Il numero delle persone che partecipano alla Messa continua a diminuire. Il declino non riguarda soltanto i cattolici: un’indagine di Stephen Bullivant ha rilevato che in 12 dei 22 Paesi europei da lui esaminati oltre la metà dei giovani adulti dichiara di non identificarsi con una particolare religione o denominazione.

Tuttavia, mentre in Occidente è in declino, il cristianesimo sta esplodendo in Africa, in Asia e in America Latina, ovvero nelle zone che di solito vengono denominate 'il Sud del mondo'. Secondo un’inchiesta del Pew Research Forum, più di 1,3 miliardi di cristiani (61%) vivono nel Sud del mondo, rispetto ai circa 860 milioni che vivono in Europa e Nord America (39%). In Africa, la crescita del cristianesimo è stata straordinaria: dai nove milioni del 1900 ai circa 380 milioni di oggi. Secondo Todd Johnson e i suoi collaboratori, 'entro il 2050 probabilmente ci saranno più cristiani in Africa (1,25 miliardi) che in America Latina (705 milioni) ed Europa (490 milioni) messe insieme'. Questo significa che cesserà il dominio numerico dell’Europa sul cristianesimo globale, come avveniva in passato.

In Asia il cristianesimo continua a crescere, soprattutto nelle sue espressioni evangeliche e pentecostali. I 17 milioni di evangelici e pentecostali asiatici presenti nel 1970 oggi si sono moltiplicati fino a superare i 200 milioni. A Singapore, nella Corea del Sud e nelle Filippine esistono Mega-Chiese con decine di migliaia di membri. In Indonesia e in Malesia l’adesione al cristianesimo cresce tra buddisti e confuciani. Molte di queste Chiese predicano il vangelo della prosperità. In Cina il cristianesimo continua a progredire, nonostante gli sforzi dell’attuale governo per controllarlo. Si stima che i cattolici oscillino tra i 10 e i 12 milioni, con una crescita lenta. I cristiani evangelici e pentecostali sono tra i 40 e i 60 milioni, anche se c’è chi ipotizza numeri più elevati, fino a 100 milioni.

Sebbene il Concilio Vaticano II abbia fatto molto per rinnovare e rivitalizzare la Chiesa, essa oggi si trova ad affrontare molte sfide, oltre al calo dei suoi membri. Gra- vi danni sono stati causati dagli abusi sessuali su minori da parte di esponenti del clero, ossia dalla crisi più grave che la Chiesa abbia dovuto affrontare dai tempi della Riforma a oggi. Il problema, inizialmente liquidato da alcuni a Roma come una questione americana, adesso è mondiale. Un’altra sfida è quella della carenza di sacerdoti, a mano a mano che molti di quelli finora attivi raggiungono l’età della pensione e che le nuove vocazioni al ministero ordinato diminuiscono. In Europa molte parrocchie vengono chiuse o riunite in centri pastorali. Alcuni Paesi dipendono sempre più dal clero nato all’estero.

Chiare sfide sono costituite anche dalla diversità culturale e dal pluralismo religioso. In quanto comunità globale, la Chiesa cattolica è presente in Paesi sempre più laici e convive con altre religioni non sempre ben disposte nei suoi confronti. Se in America Latina i cattolici si adoperano con scarso successo per stabilire relazioni migliori con le fiorenti Chiese pentecostali, in Cina, in India e in alcuni Paesi islamici devono fare i conti con governi ostili, pressioni politiche, assenza di libertà religiosa, e persino persecuzioni. Molte Chiese nazionali sono lacerate da fazioni interne che rappresentano una minaccia per l’unità. Infine, si dovrà vedere come le Chiese si riprenderanno dalle chiusure dovute alla pandemia e dal conseguente cambiamento delle pratiche religiose.

Fin dall’inizio del suo pontificato, papa Francesco si è impegnato a spingere la Chiesa in avanti, proiettandola verso un mondo tanto bisognoso del Vangelo e distogliendola da una focalizzazione 'autoreferenziale' su se stessa e sui propri problemi. Il Papa immagina un discepolato missionario, capace di combattere i 'miti della modernità' («individualismo, progresso indefinito, concorrenza, consumismo, mercato senza regole») e di portare la buona notizia alle periferie, a tutti gli esclusi: i poveri, i migranti, i sofferenti. Egli desidera che la Chiesa venga conosciuta non per ciò a cui è contraria, ma per quello a cui è favorevole, una Chiesa che costruisce ponti. Quale aspetto potrebbe assumere una Chiesa siffatta?

Nel 2009 John Allen ha pubblicato un libro sulla Chiesa del futuro. A partire dalla considerazione dello spostamento demografico della maggioranza dei cristiani dall’Europa e dall’America settentrionale verso il Sud del mondo, prevedeva che il cattolicesimo futuro sarebbe stato molto diverso. Esso sarà per lo più non occidentale, non bianco e non ricco, più conservatore sulle questioni sessuali, più liberale sui temi della giustizia sociale; sarà contrario alla guerra, favorevole alle Nazioni Unite e diffidente verso il capitalismo del libero mercato; più biblico ed evangelico nell’affrontare le questioni culturali; più attento alla propria forte identità cattolica di fronte al pluralismo religioso. La Chiesa del futuro sarà più giovane, più ottimista e più aperta alla pratica religiosa indigena. Che cosa potremmo aggiungere, alla luce degli sforzi che papa Francesco sta compiendo per rinnovare la Chiesa, soprattutto di fronte alle sfide che abbiamo considerato?

La Chiesa di domani sarà policentrica anziché eurocentrica. Francesco auspica che venga maggiormente riconosciuta l’autorità magisteriale delle Conferenze episcopali nazionali e regionali ed esorta a pensare con tutta la Chiesa, non solo con la gerarchia. Mette in risalto la 'sinodalità', vale a dire il 'camminare insieme', resistendo alla tentazione di governare in modo verticale, dall’alto verso il basso. In un contesto di pluralità di culture, la sinodalità svolgerà un ruolo sempre più importante, favorendo la varietà nella teologia, nella liturgia e nella pratica pastorale. In qualche misura questo processo è già in atto nel lavoro che le Chiese dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina stanno compiendo per inculturare la loro fede. (…)

Una Chiesa decentralizzata e policentrica sarà caratterizzata da una governance più inclusiva. Le Chiese del Sud del mondo parlano sempre più con voce propria e pongono questioni vitali per la loro vita e missione ecclesiale. Spesso apportano nuovi problemi, avvalendosi anche della simultaneità delle comunicazioni moderne e dei social media. Molti cattolici si sforzano di essere più inclusivi riguardo a coloro che sono diversi. Dato che a tutt’oggi i vescovi cattolici sono circa 5.600, le difficoltà logistiche connesse a un eventuale nuovo Concilio ecumenico fanno pensare che negli anni a venire il Sinodo dei vescovi svolgerà un ruolo sempre più importante. Potrebbe anche rendersi necessario un cambiamento nella struttura del Sinodo, affinché esso divenga qualcosa di più che un semplice Sinodo di vescovi in cui il diritto di voto spetta solo al clero. Talvolta è accaduto che laici, uomini e donne, abbiano preso parte a gruppi linguistici sinodali, e si possono trovare altre modalità per coinvolgerli in maniera efficace. (...) I laici, uomini e donne, potrebbero essere rappresentati meglio anche nei dicasteri vaticani e dovrebbero avere voce in capitolo nella scelta dei loro vescovi. L’attuale sistema non sempre riesce a essere rappresentativo di tutte le voci ecclesiali. Un sistema di candidature da parte delle diocesi locali, con il diritto del Papa di prendere la decisione finale, potrebbe rendere possibili al tempo stesso la partecipazione locale e la supervisione papale.

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