sabato 20 giugno 2009
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Avrebbe voluto partire anche lei. Per l’Europa, come sua cugina, o per il Canada. Jenny (il nome è di fantasia) sarebbe volata persino in Arabia Saudita, dove pure – stando ai racconti di amiche e conoscenti – la vita delle filippine immigrate è tutt’altro che agevole. Se non fosse che per lei, come per migliaia di altre connazionali, da qualche mese in qua c’è molto meno richiesta in giro per il mondo. Maledetta crisi... Jenny, quindi, se ne rimarrà a Manila, parcheggiata da parenti che l’hanno accolta quando decise di lasciare l’isola di Mindanao per cercare fortuna nella capitale. Al marito e ai tre figli, rimasti al villaggio, non arriveranno i dollari sognati, indispensabili per sbarcare il lunario. Questa storia – raccontatami recentemente proprio nelle Filippine da Jun, di professione reclutatore di manodopera per l’estero – è emblematica. E aiuta a capire cosa c’è dietro la scioccante soglia – un miliardo di persone! – che nel corso del 2009, stando alla Fao, passeranno nelle file dei 'sottonutriti'. Uno storico, triste primato. Al quale contribuiranno anche le tante Jenny che la tremenda miscela 'crisi più disoccupazione' sta facendo crescere a varie latitudini. Quest’anno il paradosso è che non possiamo prendercela con carestie epocali o eccezionali disastri ambientali. In altre parole: non è il cibo che manca. Mancano i soldi per comprarlo: perché la disponibilità economica di molte famiglie sta calando. Ma anche perché i prezzi dei generi alimentari sono, in molte zone, ancora troppo alti rispetto al potere d’acquisto delle fasce deboli della popolazione. Il caso del grano rasenta lo scandalo. Dopo aver toccato nel giugno 2008 il picco dei 7,62 dollari per bushel (l’unità di misura delle granaglie), nei mesi scorsi alla Borsa di Chicago le quotazioni erano crollate, salvo tornare ad impennarsi nelle scorse settimane. Al punto che il Wall Street Journal – non la Caritas... – teme che nell’arco di qualche mese si raggiunga un nuovo picco, (intorno ai 6 dollari), con tutto quel che ne consegue. Ricordate la 'crisi della tortilla' un paio d’anni or sono in Messico? Stanti queste premesse, c’è da meravigliarsi se il numero di persone vittime della fame crescerà quest’anno nell’ordine dell’11%? Sì, avete letto bene: una percentuale a due cifre. E noi che ci disperiamo quando si parla di un calo del Pil nell’ordine del 2-3%... La Fao, con il suo asciuto comunicato di ieri, riporta con i piedi per terra i sognatori che pretendevano di archiviare frettolosamente la crisi. Anche il Papa non ci lascia tranquilli: giusto domenica scorsa, in occasione del Corpus Domini, ha parlato della fame nel mondo come di «una realtà assolutamente inaccettabile, che stenta a ridimensionarsi malgrado gli sforzi degli ultimi decenni». In vista dell’imminente Conferenza Onu sulla crisi, si è poi augurato che siano assunti «provvedimenti condivisi dall’intera comunità internazionale e vengano compiute quelle scelte strategiche, talvolta non facili da accettare, che sono necessarie per assicurare a tutti, nel presente e nel futuro, gli alimenti fondamentali e una vita dignitosa». Facciamo nostri gli auspici di Benedetto XVI, ben sapendo che tutto questo ha un prezzo e impone sacrifici. Ma una politica lungimirante e una comunità internazionale saggia non possono non porre un tema come questo in cima all’agenda delle priorità. A partire dal prossimo G8. Una comunità internazionale saggia dovrebbe porre il tema in cima all’agenda
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