Le «seconde case» potevano essere usate meglio (con disciplina)
sabato 30 maggio 2020

Gentile direttore,

sono un sacerdote che è stato parroco per diversi anni in piccoli paesi di montagna che si popolavano nei mesi estivi: si passava da poche decine di persone a qualche centinaio. Secondo me è sbagliato impedire che si vada a occupare le seconde case. Non sarebbe meglio permettere a chi ha la seconda casa di allontanarsi dalle città così da decongestionare i grossi centri? Ci sono in tutta Italia tanti piccoli centri che si popolano solo in estate. Sono certo che lì le persone anziane troverebbero meno occasioni di contagio che a restare in città. Certo, ci sono grandi centri di turismo che in estate si trasformano a loro volta in città, ma ci sono tantissimi piccoli paesi che da poche decine di abitanti aumentano solo fino a qualche centinaio e nei quali c’è la possibilità di vivere tenendo più facilmente le dovute distanze. Si potrebbe stabilire la possibilità di accedere a centri al di sotto dei 1.000 abitanti. È un’idea astrusa la mia?

don Giuliano Ruga


No, gentile e caro don Giuliano, la sua non è un’idea astrusa, ma meditata e interessante. Penso anch’io che, dopo la prima e acutissima fase della crisi da coronavirus, le seconde case nella cosiddetta Italia minore di tanti di noi – case di vacanze, ma anche case di origine di famiglie e persone costrette a trasferirsi altrove per lavoro – si sarebbero potute usare meglio. Anche, secondo il suo ragionamento, come intelligente e disciplinata soluzione per decongestionare i centri maggiori almeno in alcune parti del Paese, garantendo condizioni di maggiore tranquillità e di migliore vivibilità specialmente alle persone anziane e – aggiungo – a famiglie con bambini. Il suo è il pensiero di chi conosce la vita vera della gente e la piccola-grande realtà della nostra straordinaria provincia... Detto questo, mi rendo anche conto che sarebbe stato abbastanza complicato gestire una “migrazione” come quella che stiamo ipotizzando in una situazione di seria emergenza. Sarebbe stato opportuno e probabilmente necessario farla coincidere con quelle misure di accertamento – test sierologici e/o tamponi – che come sappiamo hanno scontato e ancora scontano serie difficoltà quantitative, qualitative e organizzative. E non è del tutto certo, visto le tensioni che qua e là sono emerse, che ovunque e comunque l’accoglienza nelle piccole realtà di persone in arrivo da aree più popolose sarebbe stata serena e libera da sospetti e polemiche. A quanto pare, però, da mercoledì 3 giugno, salvo ulteriori e mirate limitazioni eventualmente disposte per singole aree a rischio, ci si potrà recare nelle proprie seconde case. Un passo nella normalità, speriamo.

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