martedì 15 settembre 2009
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Per essere una notizia lo è: solo che nessuno ne parla, in un Paese come il nostro sprofondato in una insensata gara a chi urla e 'picchia' più forte, meglio se alla cieca. E cosa importa se, ad esser insensatamente spazzato via, è uno come Dino Boffo, colpevole di essersi ostinato a restare una persona per bene, a fare un’informazione per bene. No, questa non va di moda, per il momento (ma il bel tempo tornerà, perché il bene è più forte del male), perciò della notizia di cui sopra non c’è traccia sui mass media nostrani. Eppure, proprio perché vogliamo continuare a fare informazione seria, la notizia che nessuno segnala la riprendiamo noi. Chi l’avrebbe mai detto: negli Usa di Obama, la maggioranza dei cittadini che l’ha appena fatto andare al potere, risulta essere oggi 'pro life' cioè contraria all’aborto, con una percentuale del 47% a fronte del 46% che si dichiarano (come Obama, pur con qualche nuova preoccupazione) 'pro choice', cioè a favore della 'scelta' della madre di abortire o meno. Da quando, nel 1995, l’istituto di sondaggi Gallup e Usa Today svolgono questo tipo di ricerca, è la prima volta che si verifica questa inversione di tendenza nell’opinione pubblica statunitense e la notizia merita di essere approfondita. Fino ad oggi, le percentuali erano risultate di segno contrario: dal 1995 al 2008 i 'pro life' erano in forte minoranza (42% contro i 'pro choice' al 49%). Oggi invece, il cambiamento di rotta. Per completezza di informazione, va detto che di cittadini americani favorevoli all’aborto ce ne sono sempre stati sia fra gli elettori 'progressisti' del Partito Democratico sia, in minor misura, fra quelli, 'conservatori' del Partito Repubblicano . Non sorprendentemente, è proprio tra questi ultimi che si verifica l’aumento più consistente di posizioni 'pro life': dal 60% si passa a ben il 68%. Non è qui il luogo per analizzare le cause di un cambiamento inaspettato. Tra l’altro, le ipotesi sono tante e diverse fra loro. Ciò che conta, invece, è registrare il fatto: anche perché ciò che accade negli Usa, di solito, fa tendenza, segna un 'indirizzo' che poi dilaga nel resto del mondo occidentale. E stavolta lo speriamo davvero. Il 'sorpasso' americano che in Europa, non a caso, si finge d’ignorare, cade nel bel mezzo di dati e notizie di segno diametralmente opposto. La Spagna del socialista Zapatero è alle prese con un aumento incontrollabile degli aborti (più 126% in dieci anni: il che significa che nemmeno il popolare Aznar ha fatto molto per combattere il fenomeno), con il 13,65% dei casi di aborti di minorenni. E questo anche a motivo delle cittadine straniere che vanno ad abortire in Spagna, attirate da una legislazione molto permissiva. Le stesse autorità spagnole si dicono 'preoccupate' dei loro tristi primati. Tutto questo non impedisce al governo di Madrid di progettare a breve l’approvazione di leggi ancora più permissive dell’attuale. In Francia non va molto meglio: è vero che si tratta del Paese europeo in cui è maggiore l’aumento della natalità, ma questo non riesce a diminuire di una sola unità il numero degli aborti (duecentomila l’anno, fissi). Quanto alla Gran Bretagna, le notizie sul tema sono decisamente tristi. Si può esserne contenti? Se l’aborto è comunque un 'male', una 'scelta drammatica', non dovrebbe essere così. A meno che non si pensi appunto che l’aborto è un 'diritto'. Guardiamo, allora, all’Italia: apri la tv, prendi in mano un giornale, di tutto si parla (anzi si urla) tranne che di lotta all’aborto. Se proprio si entra in merito, nulla pare più urgente che renderlo più accessibile (e 'privato') con l’introduzione anche da noi della pillola 'dei cinque giorni dopo' o della 'miracolosa' pillola Ru486, ossia l’aborto facile, semplice, 'segreto' e fatto in casa. E viene da chiedersi che fine abbia fatto la proposta bipartisan all’Onu tesa a far sì che «nessuna donna debba esser più costretta ad abortire, né in Italia né nel mondo». L’idea, benché minimale, dovrebbe esser considerata buona da tutti, 'pro life' o 'pro choice' che si ritenga di essere. Ma chi ne parla?
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