venerdì 27 giugno 2025
In un mondo frammentato da conflitti e tensioni crescenti, l’ossessione per la sicurezza militare rischia di riportarci a una logica arcaica di scontro e distruzione
Bandiera della pace

Bandiera della pace - Cristian Gennari

COMMENTA E CONDIVIDI

L’ossessione della sicurezza sembra essere la chiave per spiegare una terza guerra mondiale a pezzi che ci riporta a un mondo giurassico che pensavamo di aver superato. In una fase storica in cui la tecnologia ci rende tutti progressivamente più potenti, pensare che la sicurezza passi per l’eliminazione di chi riteniamo essere nostri nemici o delle loro armi è una pericolosa illusione. L’unica vera sicurezza è usare la nostra intelligenza relazionale per un’”offensiva di pace”, ovvero un investimento serio nei negoziati, nella diplomazia e nella costruzione di relazioni di pace e cooperazione multilaterale per eliminare le ragioni dell’odio.
I conflitti in corso non favoriscono discernimento e riflessione e sembrano spingerci a schierare dettando agende che non sembrano dare scampo. I Paesi della Nato hanno deciso di destinare il 5% del Pil in spese militari, per l’Italia equivale a 700 miliardi in dieci anni. Se aumentiamo le spese militari, sottrarremo inevitabilmente risorse a salute e welfare. «La gente – ha detto ieri Leone XIV – è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti».

Ma quale è il modo davvero “efficiente” per garantirci sicurezza e pace? Quello di una rincorsa verso l’alto delle spese militari ? Sicuramente no. Lo è invece quello che abbiamo adottato in Europa con i nostri vicini, ovvero investire in relazioni di pace. Oggi spendiamo qualcosa per difenderci da Spagna, Francia, Germania o Austria? Zero. Non era così fino al Secondo dopoguerra: abbiamo un passato di guerre sanguinose che ha attraversato le storie e i destini dei nostri genitori, nonni, antenati. Dopo la Seconda guerra mondiale alcuni leader con radici cristiane di diversi Paesi hanno capito che ci si poteva liberare dalla schiavitù della guerra, si poteva costruire un gioco a somma positiva e non a somma zero: invece di scannarci su carbone e acciaio si poteva metterci insieme e cooperare. Nasce così la Ceca e tutto il resto, un patrimonio straordinario che i più irresponsabili non si rendono conto di mettere a rischio.

Una premessa teorica fondamentale perché questo possa avvenire è capire che le cose più ricche e preziose dal punto di vista spirituale, sociale ed economico avvengono perché la vita stessa, nelle cose veramente importanti, è un “gioco a somma positiva” e non un “gioco a somma zero”. In questo secondo caso, come nel poker, se io vinco tu perdi. L’altro è dunque colui che mi contende un pezzo della fetta di una torta di dimensioni date, e mentre combattiamo per quel pezzo di fetta la torta diventa più piccola.

Nella logica del gioco a somma positiva - quella dei beni relazionali, delle reti digitali e non, dei beni spirituali e di tutti i processi innovativi - l’altro è colui senza il quale non posso essere felice. É quella persona diversa da me per competenze ed esperienze con cui posso cooperare in un progetto che innova e crea valore addizionale. Un palestinese e un israeliano in un contesto di gioco a somma positiva sono compagni di lavoro in una azienda innovativa nella Silicon Valley, e la loro diversità innova e crea plusvalore. In un contesto di gioco a somma zero, invece, diventano due disperati che si contendono un pezzo di terra in una guerra infinita che distrugge le loro vite.

I teorici della vita come “gioco a somma zero” sono ossessionati dalla scarsità. Se risorse preziose sono scarse, dobbiamo combattere per accaparrarle. Ma la logica della scarsità è sempre stata sconfitta, nella storia, dal progresso scientifico, medico, tecnologico. Quest’ultimo è in realtà il frutto del lavoro e del sudore di comunità di scienziati e di studiosi (quindi anch’esso un bene assolutamente umano e relazionale).

Nel Diciannovesimo secolo l’olio di balena era fondamentale per l’illuminazione e il timore dell’estinzione dei cetacei era diffuso.

Ma il kerosene prima e le lampadine elettriche poi eliminarono il problema. Nel Ventesimo secolo il timore che il rame potesse esaurirsi perché essenziale per costruire linee telefoniche fu fugato dall’avvento della fibra ottica. Oggi sappiamo che l’era del petrolio come fonte di energia non finirà per l’esaurimento della risorsa, ma per la scoperta di fonti alternative disponibili in abbondanza (il sole manda sulla terra energia pari a 15.000 volte il totale consumato oggi nel pianeta), fonti tra l’altro sono essenziali per risolvere il problema del riscaldamento globale. Il problema della scarsità viene ora riproposto con l’ossessione per i minerali rari, ma una nuova ondata di scoperte e d’innovazioni - come le nuove batterie che economizzano o fanno a meno di litio, cobalto e nickel – insieme alla crescita dell’economia circolare, indicano la direzione della progressiva soluzione del problema. Il nostro modo di vedere e interpretare la realtà può inchiodarci a un mondo giurassico del Risiko, dove siamo homo omini lupus, o può riportarci alla logica della cooperazione multilaterale.

E aiutarci a capire le vere chiavi della ricchezza di senso e di soddisfazione di vita (nonché della felicità pubblica e della prosperità economica). Domani ci sveglieremo con la paura e pensando che dobbiamo spendere di più per difenderci o con l’idea che possiamo e dobbiamo investire nella costruzione di relazioni di pace e mutuo vantaggio? C’è una sola grande offensiva in cui dobbiamo tutti impegnarci: quella dell’investimento nell’intelligenza relazionale. Perché, lo ha detto con forza, ieri, papa Leone, «è veramente triste assistere in tanti contesti all’imporsi della legge del più forte, in base alla quale si legittimano i propri interessi. È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: