venerdì 6 maggio 2016
Oggi la consegna a Bergoglio del Premio Carlo Magno. Nel suo operato lo spunto per renderci conto che è arrivato il momento di smettere di guardare al passato e di concentrarci sulle nostre responsabilità per il presente e il futuro. (Federica Mogherini)
EDITORIALE La memoria accogliente (Stefania Falasca)
Mogherini: rifondare l’Europa dalle parole di Papa Francesco
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Ogni volta che papa Francesco si rivolge ai nostri parlamenti e alla nostre istituzioni è accolto da applausi scroscianti. Ma applaudire non basta, per chi ha un ruolo istituzionale in Europa. Ci vuole il coraggio di ascoltare davvero il messaggio del Papa e di tradurlo in gesti concreti. Quando papa Bergoglio ha parlato dell’Europa come di una 'nonna' ha usato parole insieme tenere e severe. Solo chi tiene all’Europa può nutrire alte aspettative nei confronti della nostra Unione. È arrivato il momento di una 'rifondazione dell’Europa', ha detto Francesco quando gli è stato annunciato che avrebbe ricevuto il premio Carlo Magno: «Ma oggi dove sono uno Schuman o un Adenauer?». Settant’anni dopo i padri fondatori, l’Europa ha bisogno di una generazione di madri e padri ri-fondatori. Non sarà facile. Ma credo che nessuna persona 'di buona volontà' possa ignorare l’appello di Bergoglio. (...) Il messaggio di Francesco nasce dalla fede ma ha una forte carica politica. Parla al mondo, non solo ai cattolici. Il Papa ha dedicato alcuni dei suoi gesti più politici alla questione dei rifugiati e delle migrazioni. Ci ricorda ogni giorno che l’unica risposta possibile a chi bussa alla nostra porta è fatta di solidarietà. Bergoglio parte dal Vangelo – che chiede di ospitare i pellegrini, dar da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi – ma anche dalla storia della sua famiglia, migrata dall’Italia all’Argentina. C’è chi dice che gli immigrati mettono a rischio le radici e la cultura dell’Europa. Ma ci si dimentica troppo spesso di questa parte della nostra storia e della nostra cultura – una storia di emigrazione, una cultura fondata sull’accoglienza e la diversità. La solidarietà di cui parla Francesco non è solo verso i migranti ma tra Paesi europei, con l’appello lanciato da Lesbo e da Lampedusa contro la «cultura dell’indifferenza». Le proposte della Commissione europea, in quest’ultimo anno, vanno nella stessa direzione. Stiamo riconoscendo, finalmente, che non esistono soluzioni nazionali per gestire un fenomeno di portata storica e globale. L’unica strada possibile è europea, da percorrere insieme ai nostri partner. Ma le decisioni prese durante questo anno troppo spesso sono rimaste solo su carta. Troppo spesso l’appello di Francesco a costruire ponti, e non muri, è rimasto inascoltato. (…) C’è chi sta utilizzando la paura della diversità per fare a pezzi le nostre società. Di fronte a questa sfida, le autorità religiose e la politica hanno una responsabilità particolare. Lo scorso anno Bergoglio era a Ground Zero: nel luogo degli attentati dell’11 settembre, il Papa ha ricordato chi quel giorno si è sacrificato per salvare una vita umana: «In quel momento non era una questione di sangue, di origine, di quartiere, di religione o di scelta politica; era questione di solidarietà, di emergenza, di fraternità. Era questione di umanità». Ground Zero è per alcuni il simbolo di un presunto scontro di civiltà. Le parole del Papa hanno la forza di capovolgere quel racconto. E alle parole sono sempre seguiti i fatti. Quel messaggio di pace e riconciliazione il Pontefice l’ha portato nelle moschee, da Istanbul alla Repubblica Centrafricana. Alla Sinagoga di Roma ha ricordato le radici comuni di cristianesimo e giudaismo. E ha confermato la diplomazia vaticana, sotto la guida del cardinale Pietro Parolin, come agente di pace sulla scena mondiale. Bergoglio ha sostenuto a più riprese il bisogno di una soluzione politica al conflitto siriano. Quando la guerra tra israeliani e palestinesi era alle porte, ha tentato di dare un’occasione alla pace facendo incontrare Shimon Peres e Mahmoud Abbas. Con il presidente iraniano Hassan Rouhani ha scambiato l’impegno a pregare l’uno per l’altro. Ha sostenuto il dialogo con Pechino e ha invitato il mondo a non temere un maggiore coinvolgimento della Cina negli affari internazionali. E la Chiesa cattolica ha lavorato per facilitare lo storico riavvicinamento tra Stati Uniti e Cuba. A volte l’aggettivo 'storico' viene abusato. Non quando si parla di istituzioni che misurano il tempo in migliaia di anni – come la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Alla Messa di inizio del pontificato ha partecipato il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, per la prima volta dal grande scisma del 1054. E per la prima volta nella storia il vescovo di Roma ha incontrato il patriarca ortodosso di Mosca, Cirillo. Anche tralasciando il significato ecclesiale di questi eventi, il loro valore simbolico è enorme, per il mondo e per l’Europa in particolare. La Chiesa cattolica, con Francesco, si sta lasciando alle spalle l’idea che il mondo – e la cristianità – vadano divisi in 'sfere d’influenza'. È una strada alternativa rispetto all’ipotesi di un ritorno alle dinamiche della Guerra Fredda. (…) Nel suo discorso del 2014 al Consiglio d’Europa, il Papa ha tratteggiato un mondo «multicentrico», che però non ha ancora trovato un nuovo ordine basato sul multilateralismo. Lo sguardo di questo Papa venuto «quasi dalla fine del mondo» coincide con quello di una generazione di europei cresciuti dopo la caduta del Muro – la mia generazione. E coincide con gli sforzi attuali della nostra Unione europea di costruire un ordine mondiale più cooperativo, che aspiri a pace e sicurezza globali. In un momento difficile della nostra storia, il pontificato di Bergoglio ci offre un’opportunità di riflessione sul futuro dell’Europa. Per la prima volta nell’era moderna il vescovo di Roma non è europeo. L’inizio del Giubileo è stato segnato dall’apertura della Porta Santa a Bangui, nel cuore dell’Africa. Per la Chiesa, il centro dell’attenzione non è più il Vaticano, ma i luoghi dove vive la fede. (...) Come europei, dobbiamo lasciarci alle spalle la tentazione dell’eurocentrismo. È una prospettiva che può spaventare: io penso invece che sia incredibilmente liberatoria. È arrivato il momento di smettere di guardare al passato e di concentrarci sulle nostre responsabilità per il presente e il futuro. È ora di smetterla di lamentarci per il 'declino' del nostro continente, e di cominciare invece a giocare un ruolo di primo piano verso un nuovo sistema internazionale. Papa Francesco ha chiesto all’Europa di comportarsi da vera Unione, lavorando per la pace sullo scenario globale. Non ci sarà rifondazione dell’Europa, se non investiamo in questo progetto le nostre energie migliori. *Alto rappresentante della Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza
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