venerdì 17 febbraio 2012
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Diciassette febbraio 1992, con l’arresto di Mario Chiesa scatta l’inchiesta "Mani pulite". Oggi, 17 febbraio 2012, su tutti i giornali possiamo leggere il nuovo, purtroppo ripetuto ormai da anni, allarme della Corte dei Conti. «Illegalità, corruzione e malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese le cui dimensioni sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce». Anche se quello che viene alla luce è certamente preoccupante, inquietante e anche mortificante per chi le leggi le rispetta, non scegliendo mai le scorciatoie delle "mazzette". Solo negli ultimi tre giorni, scorrendo le agenzie di stampa, abbiamo trovato una trentina di notizie su episodi di corruzione, relative a processi, nuove indagini e perfino arresti con la "mazzetta" in mano. Dieci al giorno. Dal Nord al Sud. Un fenomeno che, denuncia sempre la Corte dei Conti, costa al Paese 60 miliardi l’anno. Mentre ai corrotti si riesce a far pagare appena 90 milioni. C’è da indignarci. Ancora di più in questi giorni. Esemplari e totalmente condivisibili sono allora le parole del Capo dello Stato due giorni fa al Csm. «I tanti, troppi casi di abuso di potere e di forme vecchie e nuove di corruzione sono fenomeni che turbano tutti quei cittadini onesti, oggi chiamati a grandi sacrifici e sensibili al rigore nei comportamenti di chiunque assolva pubbliche funzioni». Già, c’è chi paga e chi incassa. Chi contribuisce alla salvezza del Paese e chi lo inguaia sempre di più. Venti anni fa e oggi. Venti anni passati invano? Citiamo ancora Giorgio Napolitano. «Il successo della lotta contro la corruzione richiede non solo vigilanza e capacità di intervento sul piano giudiziario, ma seri adeguamenti normativi e mutamenti profondi di clima e di costume». La stagione di Mani pulite, coi suoi successi e i suoi errori, i "mariuoli" e le vittime, alcuni partiti azzerati e altri "risparmiati", la politica "sporca" e le imprese quasi giustificate, è stato un vero e proprio ciclone che nulla risparmia, tranne chi ha forti radici valoriali e di comportamento. Ma, evidentemente, qualche seme della corruzione ha resistito, rigenerandosi come certe piante infestanti che occupano subito i terreni lasciati liberi, soffocando tutto il resto. Già, terreni lasciati liberi. Si pensava che bastasse il lavacro giudiziario. Il re era nudo, da assediare attorno al Parlamento, da berasagliare di monetine, da mandare a casa. Fenomeno solo giudiziario e mediatico. Non culturale o di costume, come ben ricorda Napolitano. E così oggi ne dobbiamo riparlare. Non solo per ricordare, guardando le foto di quel gruppetto di magistrati che, pur tra tragici errori e inspiegabili (ancora oggi) decisioni, tentarono di ridare un senso ai principi di legalità. Proprio mentre al Sud un altro gruppetto di magistrati sacrificava la propria vita per gli stessi principi, sul fronte della lotta alla mafia. Da ricordare. Ma poi? Quelle folle che osannavano i magistrati e quasi linciavano i politici che fine hanno fatto? E che fine hanno fatto gli imprenditori che facevano la fila per denunciare partiti e politici? Hanno mai pagato anche loro? I corruttori oltre ai corrotti. Perché se c’è chi intasca c’è anche chi paga. E sempre per qualcosa in cambio. Da un appalto a una fornitura. Magari inutile. Ed è soprattutto questo, lo ricorda sempre la Corte dei Conti, il danno più grave per il Paese. Soprattutto oggi, con pochi fondi e tanto da fare per rilanciare l’Italia. Venti anni fa fu solo repressione. Certe volte azzeccata altre volte fuori bersaglio. Oggi deve assolutamente essere prevenzione. Servono nuove norme anticorruzione (il ddl è fermo da mesi alla Camera), sul funzionamento delle istituzioni e degli stessi partiti, in particolare sul loro finanziamento, pubblico e privato. Serve più trasparenza a tutti i livelli, dagli enti locali all’amministrazione centrale, controlli stringenti e sanzioni adeguate. Ma saranno davvero inutili se non sarà accompagnata da un radicale cambiamento dei comportamenti. Di tutti. Non basta insorgere contro la "casta". Oggi come venti anni fa.
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