venerdì 7 giugno 2013
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Caro direttore,mi pare si trascuri il fatto che in Italia si è instaurata da tempo l’abitudine a rinviare le decisioni, un vuoto che si è tentato di riempire, che ha generato le perniciose malattie della "riunionite" e della "commissionite". Alla base di questa involuzione del nostro funzionamento politico, sociale ed economico e quindi anche del regresso del nostro Paese, vi è l’estrema riluttanza ad assumersi responsabilità da parte dei nostri dirigenti, a ogni livello. In più vi è la presunzione, o l’illusione, che ogni decisione operativa sia d’importanza capitale e di effetti imperituri, che cioè non si possa in seguito migliorare, modificare o anche abolire senza che il mondo crolli. Anche quest’ultima, delatoria "decisione" di costituire l’ennesima Commissione, quella dei 35 saggi per le riforme, rientra in questa involuzione antropologica dei nostri dirigenti, politici in primo luogo. Le auguro buon lavoro!Mario Tonini Bossi, TorinoAlcuni annetti di lavoro da cronista parlamentare mi hanno insegnato, caro signor Tonini Bossi, a riconoscere i sintomi di quella che lei chiama "commissionite" e che potremmo definire la sterilità di idee e intenzioni saggiamente riformatrici o di lucide e motivate visioni conservatrici. In sintesi: un pantano di chiacchiere e cattivi costumi nel quale tutto poco a poco marcisce e niente viene tratto in salvo o rinnovato. Sono d’accordo con lei su un punto: anche stavolta, di quei sintomi, se ne vedono più d’uno e in più di qualcuno. Ma i mali del nostro ordinamento politico-istituzionale e della macchina amministrativa – strutture di servizio che dovrebbero onorare la nostra cittadinanza e i diritti e doveri che comporta, ma che troppe volte finiscono invece per scontentarci e persino opprimerci – si sono fatti ormai pesanti. E l’urgenza di curarli è diventata così forte che nessuno (neanche i più tenaci ammalati di "commissionite"...) può ormai pensare di poter ripetere le deludenti e snervanti manfrine del passato. Basta, insomma, non soltanto con la "commissionite" (nel senso che ho indicato), ma anche con la "vetite" (la malattia del veto preventivo), la "immobilite" (il virus che induce a pensare che il cambiamento sia sempre un rischio da evitare), la "corporativite" (la difesa arcigna di posizioni e prebende di gruppo o casta), la "astutite" (l’idea che tanto gli italiani in politica alla fine si consegnano ai più furbi), la "benaltrite" (la vera riforma da fare sarebbe sempre un’altra, mai quella utile e possibile)… Potrei continuare con l’elenco, ma mi fermo qui. Ben venga, dunque, la "Commissione dei trentacinque". Sul saldo impianto valoriale della Costituzione del 1948 è assolutamente possibile e necessario dare nuovo e sano equilibrio al nostro sistema di governo e di collaborazione tra i diversi poteri dello Stato, tra lo Stato e gli altri Enti pubblici, tra gli Enti pubblici e la società civile nelle sue articolazioni e con le sue iniziative per il bene comune. So di ripetermi, ma il tempo è più che maturo per questo e la decisione con cui si sta muovendo il governo guidato da Enrico Letta, e alla quale chiama con tenacia il capo dello Stato, ne è la conferma. Perciò, caro amico, auguriamo "buon lavoro" ai saggi e a ogni singolo membro del Parlamento repubblicano che sarà chiamato a legiferare. E incalziamoli, incalziamoli tutti assieme e con tutta la civiltà necessaria, perché il "lavoro" al quale si stanno dedicando sia finalmente e seriamente produttivo.<+copyright>
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