mercoledì 17 febbraio 2016
L’evoluzione grazie alle proteine. Sì al consumo moderato. La fortuna della specie umana è legata anche al cambio di abitudini alimentari. Oggi sappiamo che il rischio di tumore legato al consumo di carne c’è, ma è molto basso rispetto ad altri agenti cancerogeni e sale in base alla quantità consumata. Rischi maggiori per bambini e adolescenti vengono invece dai prodotti lavorati. L’importanza di una dieta equilibrata ricca di prodotti vegetali.
La carne può anche far male. Ma il sapiens non lo sapeva
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Fuori la carne dal piatto. Non per scelta gastronomica ma per salvaguardia sanitaria. Proprio in concomitanza con la chiusura di Expo Milano 2015 ha suscitato allarme un articolo pubblicato sulla rivista Lancet Oncology dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), un organismo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità con sede a Lione. L'analisi sistematica di oltre 800 studi epidemiologici pubblicati sull'argomento ha portato alla conclusione che le carni lavorate (quelle salate, essiccate, affumicate e trattate con conservanti per migliorarne il sapore o la conservazione, come nei salumi, nelle salsicce e nei wurstel) sono sicuramente cancerogene per l'uomo, causando i tumori del colon e dello stomaco. Anche le carni rosse (quelle di manzo, di vitello, di maiale, di cavallo, di agnello, di capra) possono facilitare l'insorgenza dei tumori del colon, del pancreas e della prostata. Un verdetto sconcertante, che interessa direttamente milioni di consumatori. Inevitabili le preoccupazioni e le discussioni. Mangiare carne nuoce dunque alla salute? «Per una persona il rischio di sviluppare il cancro del colon-retto a causa del consumo di carne rimane basso se non si esagera con la quantità», ha precisato Kurt Straif, capo dell'équipe di studiosi che ha pubblicato la ricerca, aggiungendo però che «in considerazione del gran numero di persone che nel mondo ogni giorno mangiano carne, in termini epidemiologici l'impatto globale sull'incidenza dei tumori è decisamente importante». Il che vuol dire, in altre parole, che la significatività statistica del rapporto tra assunzione di carne e possibilità di sviluppare una lesione oncologica è molto alta. Si tratta quindi di un rischio reale che deve far riflettere, con serenità e senza esagerate e ingiustificate paure, sulla possibilità di rivedere - al ribasso - le raccomandazioni alimentari sui limiti attuali all'assunzione di carne. Questo è però un alimento che ha un alto valore nutrizionale. Nei bambini le proteine di origine animale, quelle presenti appunto nella carne, sono necessarie per un sano sviluppo. Quindi un paio di bistecche di manzo o di vitello alla settimana possono essere tranquillamente inserite nel loro regime dietetico. E' importante che siano accompagnate da verdura e frutta in abbondanza, in modo da controbilanciare i possibili effetti negativi, alternando inoltre questa fonte proteica all'assunzione di pesce e legumi. Anche per i bambini e ancor di più per gli adolescenti deve invece valere in modo più rigido la proibizione per le carni lavorate o cotte sulla griglia (salumi, wurstel, hot dog, hamburger) che spesso, insieme ad altro cibo-spazzatura (patatine fritte, maionese, bibite soft drink) eccessivamente ricco di grassi e di zucchero, costituiscono il principale, se non unico, pasto della giornata per molti giovani. Altrimenti resta elevata la possibilità di produrre danni per la salute, non solo sotto il profilo oncologico, ma più in generale per il rischio di sviluppare sovrappeso e obesità già durante l'adolescenza e poi, in età adulta, malattie cardiache e diabete. In parziale contrasto con le conclusioni a cui sono giunti gli studiosi dell'Iarc, il consumo moderato di carne è ritenuto indispensabile da altri studi medici, che sottolineano come essa sia fonte essenziale, oltre che di proteine nobili, di acido folico e di altre vitamine importanti per evitare l'anemia da carenza nutrizionale e altre gravi patologie del sangue, svolgendo quindi un ruolo positivo sulla salute. La carne ha inoltre svolto anche un ruolo fondamentale nel processo evolutivo umano. «Mangiare carne è stato uno dei fatti che ci ha resi 'uomini' perché le proteine apportate con la carne - sostiene Charles Musiba, professore di antropologia all'università di Denver in Colorado, - hanno contributo all'accrescimento del nostro cervello». Da quando l'uomo ha iniziato ad abbandonare una dieta fatta solo di bacche e di frutta in favore della carne è diventato più intelligente. Mangiare carne gli ha permesso di disporre di maggiore energia calorica, consentendogli di sviluppare facoltà che lo hanno progressivamente differenziato dagli altri viventi. «Il cambiamento alimentare a favore di una dieta carnivora, avvenuto 2,3 milioni di anni fa, ha rappresentato uno dei fattori più significativi nell'evoluzione della nostra specie» sostiene Leslie Aiello, antropologa e direttrice della Wenner-Gren Foundation di New York. Col tempo il nostro intestino si è ridotto, perché non serviva più avere un organo enorme (come lo hanno tuttora gli erbivori) per digerire i vegetali. Questo ha consentito al nostro corpo di sviluppare maggiormente altri organi, come il cervello, importanti nel determinare cambiamenti vantaggiosi per la specie. Questo ha, a sua volta, permesso di poter svezzare (terminare l'allattamento materno) più precocemente, permettendo alle donne di gestire una prole più numerosa, aumentando la probabilità di sopravvivenza del gruppo. Anche la necessità di cacciare grosse prede per il sostentamento alimentare contribuì a stimolare la creatività individuale per la realizzazione di strumenti complessi e favorì l'aggregazione tra famiglie e uomini diversi, ponendo le basi per la nascita della società in senso moderno. Un ulteriore elemento di svolta fu l'introduzione della cottura della carne, resa più gustosa e digeribile grazie a questa nuova modalità culinaria. Sino a 1,9 milioni di anni fa l'uomo mangiava carne cruda, dopo averla sminuzzata con lame di pietra, perché non aveva la capacità di controllare il fuoco. L'alimentazione con carne cotta contribuì anch'essa (secondo alcuni studiosi ancora più del passaggio da vegetariani a carnivori) a far compiere alla specie umana un ulteriore importante grande balzo in avanti. Se dunque la carne ha svolto un ruolo così importante nella nostra storia evolutiva, favorendo il fatto di trasformarci in omnivori - e quindi anche in carnivori -, cosa pensare e che fare allora di fronte alle affermazioni degli scienziati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità? Come sempre bisogna usare il buon senso. Giovanna Caderni, farmacologa dell'università di Firenze, uno dei due italiani (l'altro è Paolo Vineis, proveniente dall'università di Torino e ora all'Imperial College di Londra) che hanno partecipato alla stesura del rapporto dell'Iarc sui rischi oncologici legati alla carne, ha un atteggiamento possibilista. «Non c'è motivo - dice - per scatenare un allarme che porti a dire addio a bistecche e prosciutti. Bisogna usare moderazione, perché il rischio di tumore legato al consumo di carne è molto basso se paragonato a quello di altri agenti cancerogeni, come il fumo di sigaretta ad esempio, e aumenta in proporzione alla quantità consumata». Occorrono alcune semplici precauzioni. Oltre che limitare il consumo di carne rossa fresca o lavorata a una o due volte alla settimana, è importante scegliere prodotti "sani" e controllati. Quelli di animali che non provengano da allevamenti intensivi, cibi freschi o di pronto consumo, non destinati a essere mantenuti per lungo tempo, che non abbiano conservanti o ne abbiano il meno possibile. Mangiare carne quindi si può, ma con giudizio e senza esagerare, inserendola con criterio in una dieta varia, equilibrata e ricca di prodotti vegetali, come lo è quella mediterranea.
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