«L'urlo vuoto dei ragazzi d'oggi» Perciò servono ascolto ed esempio
giovedì 9 febbraio 2017

Gentile direttore,
c’è una storia di cronaca nera che ha preso grande spazio sui mass media. Ma ha lasciato qualcosa? Ha fatto adeguatamente riflettere? Le scrivo a proposito della vicenda che ha visto protagonisti i due ragazzi di Pontelangorino, Manuel e Riccardo, divenuti complici nell’assassinio dei genitori di quest’ultimo. Non può ridursi solo a un tragico evento; perché andando a scavare nelle vite di questi due ragazzi si troverà qualcosa di impensabile, di sorprendente, di straordinariamente triste: si capirà che non c’è nulla da scavare, la loro vita è vuota. Per loro, la vita – la loro stessa, prima ancora di quella dei genitori di Riccardo – «non vale niente». Leggendo delle giornate sempre uguali, senza desideri e senza sogni di questi due giovani si coglie l’urlo di disperazione di molti ragazzi di oggi; e anche qui, ascoltandolo bene, si capisce che è un grido senza voce, un grido inascoltato perché inudibile. L’unico modo per accorgersi che c’è, è ascoltare la sua assenza. È un urlo che parla di mancanza di speranze, di obiettivi e di sogni da realizzare. Invece, giocare con questa o quella piattaforma digitale, vagare per le strade “facendo niente”, andare al parchetto a fumarsi spinelli è il paradigma di troppi ragazzi, dalla fine delle medie alla fine delle superiori. Quello che fanno nella vita è cercare passatempi: medicinali con cui credono di combattere il vuoto che si crea dentro di loro, ma che in realtà non danno loro niente. Si combatte il vuoto con il vuoto. Eppure, si ripete, «al giorno d’oggi, i giovani hanno tutto». E se fosse qui il problema? Avere tutto prima di capire ciò che realmente serve, ciò che davvero fa crescere e sentire realizzati. Quando si ha tutto a disposizione, certamente non si sceglie la fatica. E perché mai si dovrebbe? Così ci si tuffa su ciò che è più appetibile, su ciò che mette il sorriso, ma tralascia il cuore; ciò che scintilla in apparenza, e non importa se ciò che sta sotto, in profondità, è il nulla, è il vuoto. La fatica è ciò che riempie i sogni e permette la loro realizzazione, l’apparenza illude di essere felici senza un sogno. C’è un oceano di distanza, oceano che andrebbe riempito con l’impegno e la determinazione. Ma sul tavolo del «tutto», queste sono le ultime cose che un ragazzo sceglierebbe.

Thomas Viviani - Lacchiarella (Mi)

So, caro amico, che lei è molto più giovane di me, che si è appena laureato e che non sta con le mani in mano, ma s’impegna sia per trovare la sua strada, sia per gli altri, come educatore di preadolescenti in uno dei tantissimi oratori della grande e vitale Chiesa ambrosiana. Continui così, continui a seminare non solo per se stesso. Nessun seme va perduto se è gettato con perizia e con amore, perché nonostante le apparenze quella specialissima «terra» che sono le vite dei ragazzi (e non ce n’è una uguale all’altra) è sempre, ma proprio sempre, una terra buona, fatta per ricevere e portare frutto. Come ci è stato insegnato e ci viene spesso ricordato, non sappiamo molto, anzi quasi nulla, del «tempo del germoglio», ma c’è Chi lo sa. E noi non possiamo e non dobbiamo smettere di fare la nostra parte, nel tempo che ci è dato, che usiamo e che abitiamo. Le sue parole di oggi, mi hanno fatto tornare in mente il ricordo lontano della fatica dei contadini della mia terra umbra, dediti all’aratro e agli altri lavori dei campi aiutati – allora – dai buoi. Lo facevano con perizia e decisione anche su pendii scoscesi. Ecco, caro Thomas, un ragazzo che cresce è «terra verticale». Perciò, mio giovane dottore, tutto «l’impegno e la determinazione» che vede mancanti, continui a metterceli lei. Lei è vicino per età e per scelta a ragazzi più piccoli (e spesso deboli, nonostante le apparenze) che magari hanno tutto e non danno valore a molto. E sa riconoscere, ascoltare e capire persino l’«urlo vuoto» di una parte di questa generazione... Anche a situazioni così, ne sono sicuro, pensava il grande papa Paolo VI quando esortava nel tempo nuovo e difficile che stavamo cominciando a vivere nella lunga «modernità» germinata nella seconda metà del secolo scorso a essere innanzi tutto, con tenacia e gioia evangelica, «testimoni», e così a diventare «maestri» efficaci. Questo fa e chiede, oggi, papa Francesco: ascoltare, abbracciare, indicare la buona via dando l’esempio. Le illusioni, le violenze e le sofferenze che il “virtuale” rende possibili nella vita di tanti, giovani e adulti, sono un’ulteriore insidia, tentazioni e ostacoli che possono isolare e svuotare... Ma il «vuoto» non è possibile nella vita degli esseri umani, perché dove c’è il vuoto non c’è la vita. Al «vuoto», dunque, non ci si può e non ci si deve consegnare. E niente e nessuno possiamo lasciargli prendere. Forza, allora, E avanti a occhi aperti, senza facili sicurezze e con speranza. Un augurio affettuoso per il cammino suo e dei ragazzi che da giovane uomo e da cristiano contribuisce a guidare e accompagna verso un «pieno» di vita.

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