sabato 17 gennaio 2009
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Non credo gli autisti dei bus di Geno­va siano tutti cresciuti dalle Orsoli­ne o che ogni domenica frequentino de­voti il collegio dei Gesuiti dove hanno stu­diato da ragazzi. Non credo nemmeno che abbiano tutti una incrollabile fede nella Chiesa una, santa e apostolica. Non mi pare che girino con una divisa da cro­ciati mentre sono alla guida dei loro mez­zi nel traffico di quella bellissima e dura città, nella luce bianca che viene dal ma­re e dal cielo aperto di Liguria. Probabil­mente tra loro c’è chi ha molta fede, chi ne ha così così, e chi forse non ne ha, o sta cercando. La decisione di rifiutarsi di girare con quei manifesti contro Dio sui fianchi delle vetture non credo l’abbiano presa alla fine di una lunga riunione do­ve si sono affrontate dotte questioni teo­logiche o stabiliti sottili raffronti tra le dot­trine di sant’Anselmo e di san Tommaso. Insomma, di fronte alla banalità di quel­la iniziativa credo che abbia prevalso il buon senso, o meglio il senso della di­gnità. Perché pensare di liquidare in modo co­sì banale il problema di Dio con una pub­blicità è un’offesa alla intelligenza prima ancora che alla fede. La sedicente unio­ne di atei razionalisti è stata ridicolizzata nella sua saccente­ria dal semplice buon senso di gen­te normale, che la­vora tutti i giorni, che sa cosa è lavo­rare, amare, soffrire e magari farsi do­mande nel silenzio della coscienza o di fronte ai propri figli sul destino e sul senso delle cose. Un gruppo di auti­sti, non una facoltà di dottori della Chiesa. Perché basta, per così dire, esse­re uomini per capire la violenza stupida di quel messaggio. Dove la violenza di of­fendere la serietà di una questione così importante per i singoli e per la storia del­l’umanità è pari solo alla stupidità di chi pensa di offrire riposte banali riducibili a slogan. Non c’è da essere per forza dei cri­stiani, non c’è da essere dei credenti per misurare la miseria di quella iniziativa. C’è solo da avere un senso di dignità. Per­ché a furia di banalizzare le cose, si fa cre­scere solo la banalità non si porta chia­rezza sulle cose. E qualsiasi padre di fa­miglia, qualsiasi uomo o donna a cui scor­re sangue nelle vene sa che Dio è una fac­cenda seria. Comunque la si pensi. Co­munque si vedano le cose. Anzi, è pro­prio una di quelle faccende dalle quali si capisce anche la stessa serietà e impor­tanza della persona umana. Insomma, proprio perché capace di porsi seria­mente questioni come il problema di Dio, l’uomo dimostra di essere una realtà im­mensamente grande e piena di dignità. Lo aveva capito ed espresso tra gli altri un grande poeta come Ungaretti, o uno scienziato come Einstein. E tutta la sto­ria dell’umanità è piena di questo pro­blema, di questo Volto che sembra chia­mare nella notte. Per questo gli autisti di Genova hanno reagito. Hanno capito u­na cosa semplicissima, che sfugge solo a certi atei che fanno dell’ateismo, para­dossalmente, il proprio unico Dio. Del re­sto la Bibbia insegna che non esistono gli atei: li chiama idolatri, perché al vero Dio sostituiscono un idolo, magari il più mi­sero che è la propria presunzione. Gli au­tisti hanno capito che se si banalizza il problema di Dio si sta banalizzando, si sta offendendo la statura dell’uomo. Del­l’uomo che vive e lavora. Dell’uomo rea­le, non dell’uomo astratto dei dibattiti fi­losofici. Non hanno difeso Dio, hanno di­feso se stessi, e la dignità delle persone che portano sull’autobus e nel cuore. Non è un caso che proprio grandi regimi che hanno professato l’ateismo – come il co­munismo e il nazismo – hanno provoca­to le più gravi violenze sull’uomo. Hanno detto un no semplice, pieno di dignità, che è un sì libero alla umanità di tutti con­tro la saccente banalità di pochi.
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