mercoledì 7 gennaio 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro Direttore, milioni di persone sono state contagiate dal boom di Facebook, ma stiamo attenti ad alcuni aspetti. In primis bisogna ricordare l’utilità iniziale del sito, ovvero quella di far conoscere persone distanti tra loro. Nulla vieta poi di farsi amici « virtuali » anche coloro coi quali si esce nei weekend o che comunque sono già amici nella realtà, ma è d’obbligo un ragionamento: che scopo ha sapere cosa fanno i nostri amici tramite Facebook, quando con una telefonata o con un incontro viso a viso possiamo risolvere la faccenda? Con la differenza che scrivere su una tastiera è un metodo un po’ freddo, incontrarsi oppure telefonarsi sono invece modalità più belle ( solo il guardare una persona o sentire la sua voce diviene espressione di tante cose). Altro aspetto da non sottovalutare è la protezione della privacy: le informazioni personali – siano queste una foto o i dati anagrafici – siamo sicuri che possono vederle solo i nostri amici? Insomma, come in tutte le questioni la verità sta nel mezzo: quindi quello che mi vien da dire è di utilizzare Facebook solo per conoscere persone effettivamente lontane ( se volete anche quelle vicine, ma a vostro rischio e pericolo!). Attenzione comunque a non farsi prendere troppo da questa moda, altrimenti le relazioni concrete, reali, quelle che si realizzano in carne e ossa, rischieranno di decadere. E non mi sembra una bella cosa...

Lorenzo Caprioli

La sua lettera, caro Lorenzo, corredata da opportune riflessioni, ci consente qualche doverosa nota a margine di un fenomeno ormai mondializzato: quello, appunto, di Facebook e dei cosiddetti «social network». Non è infatti esagerato affermare che il portale inventato nel 2004 da uno studente di Harvard – al pari di iniziative come Yahoo!, Google, You Tube, Second Life, guarda caso tutte create da universitari – hanno in qualche misura plasmato un mondo nuovo, trasformando completamente la figura dell’utente di internet e offrendo, soprattutto alle giovani generazioni – ma non solo –, uno strumento di relazione dalla portata in precedenza imprevedibile. Oggi, tramite un computer, ma anche solo un telefonino, chiunque può relazionarsi con un numero potenzialmente infinito di persone di ogni angolo del mondo, un’opportunità preclusa a chi si serve solo di carta e penna. Non occorre neppure saper scrivere correttamente, dato che le chat, cioè le chiacchierate su Internet, hanno coniato un loro lessico sui generis, abbreviato, gergale, in parte surrogato visivamente dagli «emoticon», le faccine divenute una sorta di codice figurato di comunicazione. Su Facebook, gli utenti creano profili che possono contenere foto e liste di interessi personali, sostengono cause ideali o personaggi, scambiano messaggi privati o pubblici ed entrano a far parte di gruppi di «amici» o presunti tali. Ciò consente a tanti, anche ai solitari, ai timidi e agli insicuri (categoria oggi molto estesa fra gli adolescenti) di «rompere il ghiaccio», di intrattenere rapporti restando comunque ben trincerati dietro il proprio monitor, ovvero asserragliandosi in un mondo puramente «virtuale». Proprio qui sta il rovescio della medaglia, il lato discutibile e potenzialmente negativo della questione, da lei rilevato: questo genere di comunicazione può rimanere infatti un «investimento a basso costo» dal punto di vista dell’impegno personale, del mettersi in gioco, dell’autenticità, com’è invece richiesto dalle amicizie vere, quelle «in carne e ossa». Un «amico» diviene troppo scomodo o invasivo? Basta un clic e ce ne liberiamo. La labilità e la provvisorietà sono sovente le caratteristiche di queste relazioni meramente elettroniche: quanti approcci finiscono nel cestino, insieme allo «spam», i messaggi indesiderati di posta elettronica! Insomma c’è il serio rischio che il web stia creando un circuito di solitudini alla tastiera, di gente che s’illude sul fatto che per comunicare davvero basti usare il mouse, come dimostrano i sempre più frequenti casi di dipendenze e di nevrosi da internet. Questi strumenti – formidabili ai fini dell’informazione – non vanno certo demonizzati, ma non possono neppure sostituire – soprattutto nell’età della crescita e dell’educazione – la vita vera. Di questo occorre che i genitori e la scuola abbiano consapevolezza. Vi sono altri rischi oltre quelli per la privacy; le cronache danno conferma quotidiana: i brutti incontri sono sempre dietro l’angolo.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI