mercoledì 12 giugno 2013
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​Nel volgere di appena 24 ore due importanti associazioni imprenditoriali hanno chiesto a gran voce significative modifiche alla legge Fornero sul lavoro. Tanto i grandi industriali di Assolombarda, quanto le medie e piccole aziende di Confartigianato, infatti, hanno rinvenuto nelle barriere poste alla flessibilità in entrata uno dei motivi di dissuasione dall’assumere personale, in particolare a tempo determinato e in apprendistato, oppure a stringere contratti di collaborazione o con partita Iva. Sono istanze che andrebbero raccolte e rispetto alle quali il governo ci pare in ritardo, con il rischio che le misure – che pure sono state annunciate "a breve" – non dispieghino in tempo utile i loro effetti.La riforma del mercato del lavoro fu approvata lo scorso anno da una maggioranza mai così ampia in Parlamento. Altrettanto ampio, però, fu il fronte dei partiti che subito ne disconobbero la paternità e lo stesso governo ottenne la fiducia solo sulla base dell’impegno a un «tempestivo cambiamento». Era già chiaro a giugno 2012, infatti, che la stretta su contratti a termine e lavoro atipico, adottata nel pieno di una terribile recessione, avrebbe inciso negativamente sul tasso di occupazione. Evento che si è puntualmente verificato, con la perdita di centinaia di migliaia di occasioni di lavoro, mai così preziose per restare a galla nel sempre più profondo mare della disoccupazione. I dati sui flussi di assunzione/cessazione di contratti lo evidenziano da tempo. Eppure solo nei giorni scorsi è stata insediata la commissione di monitoraggio prevista dalla stessa riforma. Un anno dopo! Sono tempi e vincoli burocratici che non possiamo più permetterci mentre fuori dai palazzi la crisi brucia posti di lavoro e generazioni di lavoratori. Occorre decidere con tempestività, sempre. Il governo Letta ha giustamente posto il lavoro e i giovani come le priorità. Ma in questo caso, anche impacciato dalle diverse visioni presenti nella sua "strana maggioranza", ha mancato di prontezza. Sono passati 45 giorni dal suo insediamento e ci si poteva attendere prima un provvedimento urgente di riordino, quantomeno dei contratti a termine e di alcune norme sull’apprendistato. Misure a costo zero, sulle quali non è necessario "impegnare" risorse, ma solo "liberare" possibilità. I provvedimenti che il ministro Giovannini è orientato ad assumere «entro la fine del mese», invece, avranno la necessità di essere convertiti in legge dal Parlamento e dunque potrebbero dispiegare i loro effetti verosimilmente tra agosto e settembre. Troppo tardi per "salvare" questa stagione. Non fosse altro perché la gran parte delle sostituzioni estive e delle assunzioni stagionali vengono effettuate all’inizio di giugno, quando non addirittura prima. Esiste, è ovvio, il problema delle risorse finanziarie da reperire per poter varare misure significative di agevolazione delle assunzioni. E il governo sta combattendo un’importante (e non facile) battaglia in Europa su questo fronte. Ma si potevano scaglionare gli interventi, dando subito un segnale di cambiamento e di fiducia al mercato con l’approvazione di quelli a costo zero. C’è, infine, un altro nodo da sciogliere: quello di una diversa disponibilità al dialogo. Per capirci: la Confindustria che di giorno in giorno sta alzando i toni dell’allarme, è la stessa che al primo tavolo di confronto con il ministro del Lavoro ha inviato la seconda (o forse terza) fila dei suoi rappresentanti (e così pure hanno fatto i sindacati). Mentre, dall’altra parte, il governo non si è ancora premurato di ascoltare né le agenzie per il lavoro private, che pure hanno una rete capillare di sportelli in tutta Italia, né le organizzazioni dei titolari di partita Iva, una realtà tanto diffusa e centrale, quanto inascoltata e penalizzata, che meriterebbe un diverso trattamento.Immersi come siamo in una drammatica spirale negativa, non è davvero tempo né di lungaggini né di snobismi né di irrigidimenti di fazione, ma di scelte rapide e condivise per il bene di tutti.
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