domenica 21 luglio 2013
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A guardarli con l’occhio un po’ superficiale del turista potrebbero sembrare 'tipi da spiaggia'. Anche in questo caldo inverno brasiliano, infatti, le spiagge di Copacabana e Ipanema sono gremite di gente che fa il bagno, gioca a palla e pratica il footing. Una popolazione di giovani, famiglie e bambini. Rarissimi gli anziani. Ed è un fatto che sembra in aperto contrasto con i dati di un Brasile tutto proteso a lavorare e produrre. Ma è una vera contraddizione, oppure per capire veramente questo Paese bisogna andare al di là degli stereotipi? L’impressione è che Papa Francesco, con la visita che s’inizierà domani, e la Chiesa brasiliana, organizzando la Gmg, possano offrire le chiavi di lettura giuste. Lapidarie, in questo senso, furono le parole dell’arcivescovo della Chiesa carioca, Oranì Joao Tempesta, subito dopo l’annuncio ufficiale dato da Benedetto XVI a Madrid: «Chi verrà a Rio – disse due anni fa – capirà finalmente che non siamo soltanto calcio, samba e carnevale. E troverà una fede giovane e gioiosa».
Fede e gioventù, dunque. Questo è in fondo il 'segreto' che si avverte a pelle, girando per le strade di Rio de Janeiro. Fede piena di speranza, lontana dal pessimismo, aperta invece al futuro e alla gioia di vivere. Proprio quella fede che il Pontefice sta annunciando in questi primi mesi di servizio petrino e che, si può essere ragionevolmente certi, proporrà in questo viaggio nella 'sua' America Latina, di cui conosce tutti gli aspetti, positivi e negativi. Il Brasile del Duemila è un coacervo degli uni e degli altri. Da un lato non è un Paese di vecchi, e dunque si ha come la sensazione che la Gmg abbia per così dire trovato il suo habitat naturale. Evento dei giovani per i giovani, in una nazione in forte crescita economica e demografica, la prima Giornata mondiale di Papa Francesco è un appuntamento al quale idealmente tutta la popolazione brasiliana potrebbe iscriversi, dato che l’età media dei 200 milioni di abitanti è di 29 anni. Perciò tutto ciò che il Papa farà e dirà nei prossimi sette giorni suona già come un messaggio da coniugare al futuro. Tuttavia, il Brasile che cresce a ritmi da capogiro, che è ormai la sesta potenza mondiale, avendo superato Italia e Gran Bretagna, e che ha raddoppiato negli ultimi anni il numero dei laureati chiede di essere guardato (come del resto tutto il Continente latinoamericano) anche nei suoi difetti.
La tappa di Aparecida, da questo punto di vista, è un’ulteriore chiave di lettura del viaggio, dato che lì fu scritto dai vescovi del Celam (con il determinante contributo dell’allora cardinale Bergoglio) un documento­­fotografia di quelle ombre che, al pari delle luci, il Papa conosce bene. Delinquenza, droga, povertà, analfabetismo, squilibri economici sono fenomeni ancora ben presenti e palpabili anche per le strade di una Rio rimessa a nuovo per l’arrivo dell’ospite illustre e in vista degli eventi sportivi dei prossimi anni. Così questo viaggio può davvero diventare un aiuto a leggere la realtà brasiliana e continentale sia senza la superficialità di chi riduce tutto al clima da spiaggia, sia senza l’enfasi di chi, basandosi solo sul boom degli indicatori economici, dimentica i problemi.
Papa Francesco possiede la conoscenza, la dimestichezza e la statura morale per aiutarci a compiere una simile operazione. E il fatto che in tutte le manifestazioni di questi giorni nessuno abbia mai pronunciato neanche un solo slogan contro di lui e la Chiesa, dimostra quanto il suo arrivo sia atteso. Del resto i giovani che scendono in piazza contro la corruzione non possono ignorare che proprio alla corruzione egli ha dichiarato, fin da quando era a Buenos Aires, una guerra senza quartiere.
E allora che la festa cominci e che il segnale arrivi chiaro e forte anche in casa nostra. Nell’Italia e nell’Europa della crisi e dello scoramento, la lezione brasiliana e quello che il Papa dirà in questi giorni possono aiutarci a trovare il bandolo di una matassa sempre più aggrovigliata. Il messaggio in fondo è semplice: nessun Paese può crescere se, come ha ricordato proprio Francesco, viene rubata la speranza ai giovani. I brasiliani questo lo hanno capito. Altro che tipi da spiaggia. Forse da loro possiamo, anzi dobbiamo, imparare molto.
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