domenica 2 agosto 2009
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Caro Direttore, ogni anno la stessa nenia, l’Italia brucia da Nord a Sud, l’estate diventa un necrologio da azioni piromaniacali. Sempre la solita notizia: caccia serrata al piromane. Pochi roghi in Valle d’Aosta, molti nelle regioni del Centro Sud. La Calabria sembra una fucina economica legata al fuoco. Nella mia provincia e precisamente nel mio territorio intercomunale tra Veroli (Fontana Fratta) e Monte San Giovanni Campano, tutti gli anni, nei medesimi posti, quasi nelle stesse giornate estive, bruciano centinaia di ettari di verde. Sono stati spesi miliardi di lire per impiantare pini e acacie, e nessuno li protegge. Ho fatto appello più volte alle autorità, ma tutto viene accolto con indifferenza, al punto che nella mia mente serpeggiano strani pensieri. Vi è forse una sorte di lobby politico­economica mafiosa che utilizza e fomenta il mercato degli incendi?! E per concludere un modesto consiglio alle autorità politico­istituzionali: perché non utilizzare, preventivamente, nei due mesi più a rischio, giovani disoccupati e volontari onesti al monitoraggio con appostamenti fissi 24 ore su 24 a protezione dei nostri magnifici paesaggi.

Giancarlo Pagliaroli Fontana Fratta (Fr)

Se fino a qualche decina di anni addietro, discutendo delle cause degli incendi estivi, poteva ancora trovare appiglio il riferimento ad antiche consuetudini pastorizie, oramai questo e tutti gli alibi legati ad allevamento e agricoltura sono assolutamente improponibili. Gl’incendi che ogni estate funestano specialmente le regioni del nostro Centro Sud sono nella quasi totalità (e il «quasi» è introdotto solo a titolo precauzionale) frutto dell’azione volontaria e sciagurata dell’uomo o quanto meno di una gravissima distrazione colposa (esempio: la cicca buttata accesa dal finestrino nelle sterpaglie a bordo strada). Due anni fa anche Papa Benedetto XVI, al termine dell’udienza generale del 29 agosto, rivolse un appello che prendeva spunto tra l’altro da gravi incendi in corso il Grecia e Italia. Le sue parole furono di condanna nettissima: «Davanti a così drammatiche emergenze, che hanno causato numerose vittime e ingenti danni materiali, non si può non essere preoccupati per l’irresponsabile comportamento di taluni che mettono a rischio l’incolumità delle persone e distruggono il patrimonio ambientale, bene prezioso dell’intera umanità. Mi unisco a quanti giustamente stigmatizzano tali azioni criminose». Verso atti del genere non ci può essere indulgenza: ciascuno deve contribuire a diffondere la convinzione che chi incendia intenzionalmente non è un «ragazzaccio», ma un delinquente. Tutte le iniziative volte a rendere più efficace la vigilanza sono ovviamente da incoraggiare ed è altresì importante che i piromani catturati siano sanzionati con severità, anche quando fortunatamente gli incendi non producano vittime. Dalle sue parole trapela però anche il rammarico per un comportamento non sempre adeguato degli amministratori pubblici, che si preoccupano dell’intervento in emergenza, ma poi trascurano l’ordinaria manutenzione delle opere realizzate, che potrebbe aiutare a contenere i rischi di recidive. È un problema che coinvolge molti altri ambiti di intervento pubblico e, certo, tenerlo meglio in considerazione garantirebbe consistenti risparmi; di contro c’è che il fare bene il lavoro ordinario non garantisce quasi mai la visibilità che fornisce una qualsiasi emergenza.
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