sabato 4 aprile 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
Diciamolo subito: oggi in piazza a Roma avremmo voluto esserci anche noi a manifestare assieme alla Cgil. Per almeno due buone ragioni. Ma per altre tre ragioni, altrettanto buone, non ci saremo. Meglio: non potremo idealmente esserci. Avremmo voluto partecipare alla manifestazione del Circo Massimo perché riconosciamo che nel cuore di Roma oggi ci sarà se non il popolo, quantomeno un popolo. E la preferenza per i ceti popolari, l’attenzione per la condizione materiale di tante persone, oggi messa così a dura prova dalla disoccupazione, dalla perdita di potere d’acquisto dei salari, soprattutto dall’incertezza per il futuro, è qualcosa che è inscritto nel nostro Dna. La richiesta di attenzione alle persone, quelle che in carne e ossa stanno dietro le fredde statistiche sui senza-lavoro, è anche la nostra richiesta, non potrebbe non esserlo. E su questo – come sulla difesa degli immigrati – bene fa la Cgil a insistere perché il governo se ne occupi. Qualcosa è stato messo in campo, va riconosciuto, ma troppe persone restano ancora 'scoperte': l’esecutivo convochi un tavolo e si concordino misure aggiuntive. La seconda ragione per la quale avremmo voluto essere in piazza è che – al netto della retorica – crediamo ancora che una manifestazione e soprattutto la rappresentanza quotidiana svolta dai corpi intermedi sia uno strumento importante di esercizio della democrazia. E che – quando correttamente utilizzata – può trasformare la protesta in una proposta e servire alla coesione sociale. Ma non potremo essere in piazza, oggi. Anzitutto proprio perché la Cgil, con questa iniziativa, divide e non unisce i lavoratori, ampliando così un solco alla cui apertura non sono per la verità estranee neppure le altre confederazioni. La manifestazione è stata convocata, infatti, anche come prova di forza contro Cisl e Uil, per imporre il 'no' all’accordo sottoscritto dalle due confederazioni assieme all’Ugl con tutte le organizzazioni dei datori di lavoro: dagli industriali agli artigiani, dalle cooperative bianche e rosse alle banche. Si tratta di una riforma attesa da 15 anni, che in generale giudichiamo positiva, ma alla quale la Cgil non ha deliberatamente voluto partecipare – a noi pare – più per contrapposizione politica e per riaffermare la propria supremazia sugli altri sindacati che non per il dissenso sul merito. Una scelta miope, tanto più perché quell’intesa è frutto di un lungo confronto tra le parti sociali al quale solo all’ultimo l’esecutivo si è aggregato per il Pubblico impiego. E proprio il sospetto di una politicizzazione della protesta sindacale è la seconda buona ragione per la quale non saremo in piazza. Non c’è solo la disoccupazione al centro della protesta della Cgil, ma l’intero spettro della politica del governo Berlusconi. Confermando così il dubbio che la confederazione di Guglielmo Epifani nuovamente ceda alla tentazione di farsi forza politica in un ruolo di supplenza rispetto ai partiti di minoranza. I quali, a un mese dalle elezioni europee, fanno a gara per annunciare la loro presenza al Circo Massimo. Politici e sindacalisti, tutti dimentichi pure delle proprie responsabilità. Ed ecco la terza buona ragione per non aderire al corteo: avranno la Cgil, il Pd e gli altri partiti presenti il coraggio di ammettere davanti alla folla che sì, quando nel 2007 erano al governo, 10 miliardi di euro e qualche altro 'tesoretto' li avevano a disposizione, ma anziché creare quell’assegno unico di disoccupazione oggi richiesto a gran voce, scelsero di impiegarli per le pensioni? E che non si può dire sempre 'no' a tutto e chiedere solo, senza mai concedere nulla, lo ammetteranno? Chi è senza peccato nei confronti dei giovani e dei precari scagli la prima pietra. Poi, con sincera disponibilità al confronto e a uno sforzo comune, arrotoliamo le bandiere e troviamo il modo di dare protezione a tutti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: