Il terzo pilastro per uscire dalla quarantena della fiducia
sabato 10 ottobre 2020

La più profonda recessione economica dal Dopoguerra non si può affrontare unicamente mettendo in campo incentivi e finanza, perché non bastano i trasferimenti a generare le trasformazioni. Abbiamo bisogno di ammodernare il Paese, rendendolo più resiliente, sostenibile e competitivo, ma anche di trasformarlo profondamente rilanciando la speranza di molti invece di un vago e strumentale ottimismo di pochi eletti. Perché ciò accada occorre liberare la fiducia dalla 'quarantena' dentro a cui è confinata da troppo tempo, ancor prima della crisi sanitaria provocata dalla pandemia di Covid-19.

Un contributo originale e decisivo per rompere la 'latenza' dentro cui l’Italia si trova, può certamente arrivare da nuove forme di produzione e redistribuzione del valore da attuare mediante un maggior coinvolgimento della società, di quel Terzo Pilastro (Raghuram G. Rajan) per troppo tempo confinato nella sfera della 'riparazione'. È questa la proposta intorno alla quale si concentrano le riflessioni della XX edizione delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile promosse da Aiccon (quest’anno fruibili in digitale e alle quali si sono iscritte oltre 1.200 persone). È infatti impensabile affrontare la complessità dei dilemmi della contemporaneità senza la biodiversità contributiva di ciò che eccede fra Stato e Mercato, tanto l’ambiente, quanto la salute e la coesione non possono fare a meno di un pilastro come la comunità, sarebbero orfani di un elemento vitale e trasformativo.

Non possiamo pensare di distillare la socialità e la coesione in modo verticistico. Serve il coraggio per attivare un’azione corale, una convergenza capace di generare una nuova offerta di beni e servizi (ad alto valore sociale e densi di tecnologia) per una domanda che si farà sempre più forte e intensa. Tanto il welfare nella prospettiva di un’assistenza fondata sulla comunità ( community centered care), quanto l’economia in una prospettiva inclusiva richiedono nuovi paradigmi. Siamo sicuri che la crescita e la sostenibilità si possano raggiungere senza adeguate infrastrutture sociali e senza l’apporto deliberativo e contributivo di tutta quella moltitudine di soggetti che compongono il tessuto sociale e civile del Paese? Rilanciare il 'Terzo Pilastro' italiano non significa fare apologia del valore del Terzo settore e della cooperazione, ma incorporare il valore della conversazione, dell’intelligenza collettiva, dei beni comuni, del mutualismo e dell’imprenditorialità sociale dentro (e non 'a lato' o 'dopo') le politiche, quelle vere. La potenza trasformativa di questa visione 'inclusiva' trova nel nostro Paese non solo le proprie radici (Economia civile), ma anche numerosi casi che restituiscono le prove che le cose possono cambiare veramente. Le sfide sociali a cui siamo chiamati sono dilemmi che chiedono non solo «un orizzonte e uno scopo», ma anche un alto grado di interdipendenza e fiducia fra i cittadini e fra questi ultimi e le istituzioni.

In questa fase di transizione, tanto le scelte economiche quanto quelle politiche rischiano di fallire velocemente non perché sbagliate, ma perché non hanno il sottostante che le sostiene, ossia la fiducia. Lo stesso può dirsi per quel che riguarda la globalizzazione e il digitale, che, senza una ri-composizione con il valore dei luoghi, rischiano di slegare e divaricare ulteriormente il senso di appartenenza di un popolo. Ora che la sfida ai cambiamenti climatici sta muovendo e trasformando il mercato non dobbiamo perdere l’occasione di mettere al centro il potenziamento e la capacitazione di comunità aperte. L’economia, come l’umanità, fiorisce dentro una dimensione relazionale dove al centro risiedono comportamenti e norme sociali e non solo un governo e un mercato efficienti. Nell’economia del 'dopo' economia e welfare devono essere ricomposti, attraverso politiche e strategie che coltivino una nuova convergenza e rilanciano un neo-mutualismo che socializzi i desideri e le aspirazioni e non solo i bisogni. Occorre fare sul serio, non basta più misurare il Bene del valore prodotto, è arrivato il tempo di dare Valore al Bene che si vuol generare.

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