Il senso del mondo (da tenere) che l'isolamento ha insegnato
mercoledì 29 luglio 2020

Negli ultimi mesi abbiamo tutti vissuto un esperimento sociale anomalo e totalmente inedito: la sospensione del tempo, della mobilità e dei contatti umani e sociali esterni alla propria abitazione. Una prova dura, che ci ha posto di fronte a una realtà sconosciuta: la solitudine totale per alcuni, il contatto ravvicinato e continuo con i propri familiari o conviventi in spazi in qualche caso molto esigui per altri, l’interruzione dei contatti amicali, scolastici e lavorativi extra–domestici per tanti. La situazione anomala ci ha messo di fronte in maniera inusuale alla nostra intimità psichica e al vissuto più profondo delle relazioni umane. È lecito chiedersi, ora che quella che eravamo abituati a considerare la normalità sta tornando, quali segni abbia lasciato questa sospensione; e se abbiamo imparato qualcosa di nuovo e di più, sia rispetto al nostro io e alla nostra spiritualità, sia rispetto alla nostra vita nella società. Una cosa che ci ha toccato tutti è la condizione di stupore rispetto al silenzio delle strade, alle immagini delle città vuote, alla contrazione, in qualche caso all’annullamento, dei contatti interpersonali negli spazi comuni della città. Per alcuni questa dimensione è stata ancor più drammaticamente presente, laddove un individuo si è trovato solo nella propria abitazione per mesi. Per tutti la prova è stata dura, abituati come eravamo a vivere vite disordinate e frettolose, costantemente distratti da mille stimoli fuggevoli e spesso superficiali. E ciò si ripercuoteva anche sulle nostre relazioni sentimentali, interpersonali e sociali, spesso anch’esse superficiali e insoddisfacenti. Per cui il silenzio e la solitudine sono diventati in qualche caso uno spazio vuoto nel quale si sono moltiplicati il disagio esistenziale, l’insicurezza e la paura. Paura del diverso, paura della ma-lattia, ma anche paura del proprio caos interiore, con i suoi contenuti sia di tipo emozionale (ansia, depressione, preoccupazione per i propri cari) che di tipo razionale (scelte da compiere, analisi critica del proprio vissuto, del proprio impegno lavorativo, compiti d’assolvere). Per fortuna la realtà è fatta di momenti “ombra” ma anche di parti luminose, ed anche la solitudine può aver portato buoni frutti.

Nell’isolamento a casa tutti hanno avuto la possibilità di apprezzare il valore del silenzio contro i “rumori della vita”. E tutti abbiamo capito meglio di prima il significato e le potenzialità di relazioni umane veramente significative. Per tutti si è presentata l’opportunità di rivedere i contenuti e le forme dei propri rapporti familiari, quelli coniugali come quelli genitoriali, e di puntare all’essenziale, sfrondando quelle relazioni e quei tempi di condivisione dagli elementi superflui e da quelli superficiali. È apparsa evidente la necessità di salvaguardare l’equilibrio tra vita lavorativa e vita familiare e sociale, evitando che il lavoro, qualunque esso sia, si espanda fino a occupare spazi che dovrebbero essere soltanto nostri, della nostra vita privata e delle nostre relazioni umane importanti. Per tutti è apparso chiaro anche il valore del supporto ai soggetti soli e malati, in precedenza più spesso dimenticati rispetto agli altri impegni della vita.

Ma soprattutto abbiamo potuto riconsiderare il significato della vera felicità, e l’isolamento ci ha aperto gli occhi di fronte al fatto che la ricerca del benessere individuale e collettivo – oggi uno dei valori maggiormente diffusi e alla base di tanto pensiero politico e sociale avanzato – sia legata strettamente allo stare in pace con sé stessi, con le persone attorno a noi e con la comunità di vita. Vivere con il mondo, e non solo nel mondo, in un rapporto positivo e costruttivo con le diverse soggettualità che incontriamo sul nostro cammino. Avere dei veri amici, persone con cui sentirsi affratellati a seguito di una scelta condivisa di valori e di esperienze, e che costituiscono una risorsa umanamente e socialmente insostituibile, uno specchio amichevole ai problemi di auto–riconoscimento e posizionamento nella realtà sociale, un supporto al nostro percorso di ricerca spirituale.

In altre parole, abbiamo potuto dare il giusto peso a un elemento fondamentale nell’ambito delle tensioni umane verso la ricerca del vero benessere. Sperimentare confronti sinceri e approfonditi con gruppi di simili, ponendo al primo posto la ricerca di forme di cooperazione e condivisione ai fini di un bene comune. Ricercare il dialogo e aprirsi all’accoglienza dell’altro, sviluppando per quanto possibile una identità aperta, inclusiva, relazionale e comunitaria. Trovare conforto nella cultura, nella musica, nella natura con le sue bellezze. L’augurio che condividiamo è quello di non perdere ora per strada le cose belle e positive che l’isolamento di ha insegnato.

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