martedì 24 marzo 2009
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Un richiamo teologico e pastorale al 'rea­lismo' cristiano sembra essere l’ele­mento unificante l’ampia e articolata prolu­sione svolta ieri del cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della Conferenza epi­scopale italiana. Realismo come sguardo alla realtà con gli oc­chi della fede e come comprensione, nelle circostanze del momento, dei segni signifi­cativi per il cammino della coscienza cre­dente. Anzitutto le accuse e le polemiche nei con­fronti del Papa, la sua figura e la sua parola, non per una difesa d’ufficio, ma per un re­cupero delle intenzioni reali e documentate del suo governo e del suo magistero; per un ristabilimento cioè della verità dei fatti e del­le ragioni, da opporre ad attacchi carichi an­che di «irrisione» e di «volgarità». Più profon­damente, per recuperare il significato teolo­gico dello « stare con il Papa, sempre e in­condizionatamente » da parte dei credenti: non con coscienza acritica, ma con 'sguar­do' purificato sul mistero della Chiesa e sul­la sua pietra di fondazione, condizione di reale appartenenza e di «corretto agire ec­clesiali». Il realismo che fa vedere la Chiesa nel suo mistero teologico e in esso la centralità del servizio petrino è la posizione da cui guardare al mondo culturale in cui siamo collocati con criterio di discernimento e con adeguata di­sposizione. Siamo in tempo di «trapasso cul­turale » – osserva il cardinale presidente - che va assumendo «il carattere di un vero e pro­prio spartiacque» tra una concezione natu­ralistica e insieme, paradossalmente, liber­taria dell’uomo e una concezione persona­listica. Nella cultura contemporanea si assi­ste a un’oscillazione tra una considerazione dell’uomo come null’altro che, «mero pro­dotto dell’evoluzione del cosmo» e un’esal­tazione unilaterale e astratta della sua libertà, secondo un’idea di autodeterminazione che «è legge a se stessa, al di fuori di ogni conte­sto relazionale». Posizioni in realtà contrad­dittorie, che chiedono un superamento in u­na più ricca idea del soggetto umano come «persona», dotata di un’identità peculiare e una dignità irriducibili alla natura cosmica e precedenti «ogni sua autodeterminazione». Persona, quindi, capace di una libertà non autoreferenziale, ma responsabile di una «na­tura umana» e di beni umani fondamentali, al cui apprezzamento e rispetto essa peral­tro ha bisogno di essere educata. Nella vicenda di Eluana il confronto tra le «due culture» è stato drammatico. Il rivendi­cato «diritto di morire» suscita inaggirabili domande sulle prospettive inquietanti quan­to al «diritto all’eliminazione» di tutti i sog­getti inabili, quelli più deboli, quelli inco­scienti. Nelle soluzioni prospettate per i «di­sagi personali gravi» è in gioco qualcosa del sistema socio-assistenziale, ma il «vero vol­to » di una società intera e il grado della no­stra civiltà. Si pone il problema della limita­zione del «potere biopolitico» della scienza e dello Stato. Qui il realismo è decisivo: «qui c’entra anzitutto il vero – osserva il Cardina­le –, c’entra il reale-concreto» della vita nel­la sua debolezza, dell’esistenza nella sua i­nevitabile imperfezione, del rispetto sostan­ziale dell’uguaglianza dei cittadini, della e­ducazione a tutto ciò delle giovani genera­zioni. Quella concretezza della condizione umana che a un certo punto della vicenda di Eluana molti hanno avvertito come messa radicalmente in gioco, percependo qualco­sa anche dell’esempio luminoso delle suore Misericordine, che hanno testimoniato come sia possibile accogliere la condizione uma­na in tutti i suoi aspetti e i suoi momenti. Un ultimo esercizio di realismo riguarda la «gravissima crisi economica che sta attana­gliando il mondo intero». Il presidente del­l’episcopato italiano si rifà in proposito alla parola di Benedetto XVI, che vede nella dif­ficile situazione l’occasione per coniugare in modo nuovo «competenza» e «consape­volezza etica». Il Papa ci invita a «essere rea­listi. […] La giustizia si realizza solo se ci so­no i giusti» e questi non ci sono, «se non c’è il lavoro umile, quotidiano, di convertire i cuori » . È così indicato il compito fonda­mentale della Chiesa italiana nel contesto della grande crisi; e il modo della sua pre­senza: «il volto amico di una Chiesa che cam­mina con la gente», stando «dalla parte del­le persone reali […]».
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