martedì 31 dicembre 2013
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Difficile non inorridire per i com­menti postati al video di Caterina, la ragazza gravemente malata che ha di­feso la sperimentazione dei farmaci su­gli animali. Pratica alla quale deve in so­stanza la sua sopravvivenza. Ma diffici­le anche non rimanere stupiti dei mez­zi ammiccamenti verso le invettive de­gli animalisti, dei cedimenti al politica­mente corretto pure in materia bioeti­ca.
Prese di posizione e silenzi che man­cano di affrontare la questione principe: il riconoscimento di un valore assoluto, di quel principio naturale che pone al vertice di tutto la vita umana e la sua sal­vaguardia. Sul rapporto tra uomo e creato, tra uo­mo e animali, ci si interroga da molto tempo. Nella stessa Chiesa la sensibilità su questi temi è cambiata e si è accre­sciuta, sottolineando per l’uomo so­prattutto il ruolo di 'custode' attento del creato – non più di 'padrone' del giardino terrestre – sollecitando una maggiore responsabilità verso la natu­ra.
Bene perciò discutere, ad esempio, se l’attuale sistema di alimentazione, che prevede uno sfruttamento intensivo de­gli animali, sia necessario in queste mo­dalità o sia possibile incentivare alter­native al tempo stesso meno 'cruente' e più 'salutari'. Giusto anche promuo­vere il rispetto verso gli animali e di con­seguenza evitarne le sofferenze inutili.
D’accordo perciò nel cercare di limita­re allo stretto necessario la sperimenta­zione sugli animali e, infatti, la stessa ri­cerca scientifica sta evolvendo in tale di­rezione. Fin tanto però che tale speri­mentazione resterà necessaria a indivi­duare le cure alle malattie dell’uomo (o ad evitare terribili effetti negativi dei far­maci, come accaduto per la Talidomide) il primato della salvaguardia della vita u­mana impone una scelta netta.
Altri­menti tutto finisce sullo stesso piano: i primati come le persone, i topolini co­me i bambini. E a quel punto se l’uomo è solo una delle tante specie della bio­diversità terrestre, perché preoccuparsi di quegli esemplari che presentano dei 'difetti' o versano in condizioni di de­bolezza? Il timore, allora, è che a costi­tuire un problema per molti sia proprio questo: perché se ci si inchina davvero alla vita umana e la si riconosce valore preminente come tutte le Carte dei princìpi affermano, diventa poi diffici­le e persino impossibile giustificare cer­te disumane leggi e pratiche delle sin­gole culture e nazioni.
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