venerdì 6 aprile 2012
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​«Chi sbaglia paga», ha sentenziato ieri Umberto Bossi, costretto a lasciare la guida della Lega Nord perché toccato in modo pesante – anche personale, anche familiare – dallo scandalo della gestione allegra dei fondi del suo partito. Visto che ancora una volta si tratta della privata gestione di soldi provenienti dal pubblico erario, è fin troppo facile annotare che, in realtà, sbuffando, Bossi per ora si fa solo di lato mentre il Carroccio sbanda a ripetizione, e a "pagare" siamo noi. Paghiamo come cittadini, come elettori e come contribuenti per un errore (ricordiamocelo: chi sceglie male, anche votando, paga due volte...) che, però, non è esattamente e solo nostro. L’errore, infatti, grava per la massima parte su altre spalle. Quelle di coloro che in appena 18 anni – dopo essersi vestiti di sgargiante, e spesso arrogante, "nuovismo" – sono riusciti a replicare e persino ad aggravare certi vecchi vizi della politica. Gli stessi vizi che, dopo quasi mezzo secolo, nel 1993-94 portarono alla fine della Prima Repubblica.È vero, avevamo ormai capito da un po’ che anche la cosiddetta Seconda Repubblica era agli sgoccioli. Ma che il crepuscolo sarebbe stato così fosco, concitato e senza gloria lo stiamo scoprendo poco a poco. Dando fondo alla nostra residua capacità di sorpresa. E attingendo a una riserva d’indignazione che si alimenta ogni giorno di più alla fonte dei sacrifici a cui siamo chiamati in questo tempo difficilissimo. Come non tornare, allora, a chiedersi che cosa sarebbe stato della "nave Italia" se, in simili frangenti, al timone non ci fossero i "tecnici" capitanati da Mario Monti? Come non rendersi conto che se lo scorso autunno non ci fosse stata la resa della vecchia, inconcludente e rissosa logica politica davanti alla martellante offensiva del Generale Spread, oggi saremmo con mezzo governo abbondante sotto inchiesta e due terzi di Parlamento (e un bel po’ di opposizione extraparlamentare) ancor più sotto choc? Come non prendere atto, finalmente, a onta di certa ritornante e desolante retorica bossiana, che l’unica "secessione" perseguita e infine realizzata nella nostra vicenda nazionale è quella tra una politica indegna di questo nome e una società italiana stanca di indegnità? Come non capire, soprattutto, che chi non cambia e non cambia adesso – cioè non è disposto a "ridare le chiavi" della politica e delle case dei partiti ai cittadini e, comunque, non è capace di aprirne porte e finestre e non si risolve a smagrirne le casse – non sta perdendo solo se stesso e la propria parte, ma sta mandando alla malora un bene più grande e di tutti: la nostra democrazia. Politici degni non possono accettarlo, noi non dobbiamo. Il prezzo non è giusto.
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