Il bene diverso e consolante della Messa in televisione
martedì 10 marzo 2020

Caro direttore,

è un fenomeno quasi del tutto nuovo quello che sta capitando e anche i riti religiosi subiscono il contagio dell’effetto coronavirus. La chiusura dei luoghi di culto e la sospensione delle celebrazioni liturgiche riportano in auge il problema dei riti in tv. La questione è contrastante. Sappiamo che esistono documenti ecclesiali che “sostengono” tale possibilità, vedere in tv il rito della Messa. La cosa nasce quasi esclusivamente per favorire anziani e ammalati impossibilitati a partecipare fisicamente-realmente al rito. I liturgisti sostengono che un rito visto in tv, quindi con l’esclusione del corpo e delle azioni sacramentali, non ha valore simbolico, ecclesiologico, di presenza-incontro con il mistero di Cristo. Sì perché, nella Messa cattolica c’è la presenza reale di Gesù. Se quella virtuale mass-mediale avesse lo stesso valore di quella celebrata in assemblea, non servirebbe più essere convocati e ritrovarsi. Bene l’invito a pregare in casa, individualmente o in famiglia. Ottimo riscoprire la lettura di un brano o di un libro biblico. C’è poi il silenzio, la meditazione, le azioni di carità e di fraternità. Ma la Messa in tv no. Al Signore si accede soprattutto con l’esserci realmente, come nei vangeli, “oggi sarò a casa tua”.

Sergio Benetti Dueville (Vi)


Il valore della Messa partecipata direttamente, vissuta come comunità cristiana riunita in assemblea alla presenza reale di Cristo, è chiaro, caro professore. E, tra noi cattolici, anche chi non ha scienza sufficiente lo sa per esperienza viva. Proprio per questo, arrivo a dire, anche il bene diverso ma autentico della consolazione rappresentata della Messa trasmessa per tv, per radio o via internet va apprezzato a fondo. E non per nulla la Chiesa esperta delle cose di Dio e delle cose umane la propone, sostiene e propaga nelle diverse forme che conosciamo da decenni e sino a quest’oggi malato e di sofferto e sofferente «digiuno eucaristico». La Messa in tv (e non solo), insomma, sì. Nell’attesa fiduciosa di costruire responsabilmente, con carità reciproca, il tempo per tornare a viverla pienamente.

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