Fragili e, sì, imperfetti: che genitori dovremmo essere per i nostri figli
mercoledì 30 aprile 2025

Mi capita spesso, durante incontri pubblici sul tema degli adolescenti, di chiedere ai genitori presenti se in questo momento storico si sentono più fragili loro o i figli. La risposta è quasi unanime: la fragilità è dei genitori. Chi se lo sarebbe mai immaginato? L’anello debole non sembrano affatto gli adolescenti che continuano imperterriti a vivere con naturalezza questo pezzo di vita così ondivago, instabile e problematico, quanto i loro genitori travolti da un contesto sempre più narcisistico dove il termine «io, io, io» riecheggia con un’immancabilità inquietante rendendo difficile anzitutto il gioco di squadra educativo e una gestione degli stessi ragazzi e ragazze che sappia essere pratica, concreta, priva di inutili fronzoli e senza giri di parole.

Che vantaggio può avere un quindicenne da una mamma o da un papà che presume di cogliere con l’esattezza di uno specialista i suoi stati psichici ed emotivi nell’età più problematica dell’esistenza? Ribadire che l’adolescenza non è una malattia permette di impostare un’organizzazione educativa che non coincide con le nuove definizioni di genitore-testimone, di genitore-empatico, se non addirittura di genitore-amico.

Quel che conta è lo spostamento dal baricentro materno, ossia dal maternage infantile, a un’impostazione più regolativa basata su un paterno educativo, non patriarcale, che sappia offrire i giusti argini e assist a questa età così imprevedibile ma anche così straordinariamente ricca di opportunità. Quando sento tanti genitori continuare a riferirsi a ragazzoni di tredici, quattordici anni, con il termine «il mio bambino» mi viene un po’ di magone perché non è certo su questa strada che riusciamo a tirarli fuori dalla dipendenza infantile per concedere loro uno spazio di scoperta e di autonomia.

Nel mio libro Mollami! ho cercato di raccontare proprio questo passaggio, troppo spesso frainteso o ignorato da noi adulti: l’adolescente ha bisogno di spazio, di tempo e di libertà per potersi costruire. Un passaggio necessario che prevede anche l’ingresso al gruppo come una sorta di nuova appartenenza e di nuova famiglia. Ragazzi e ragazze hanno l’estrema necessità di ritrovarsi nella condivisione e nella solidarietà del vivere assieme gli anni magici dell’adolescenza.

Un esempio pratico di questo mio approccio educativo, semplice ma efficace, è la tecnica del paletto che consiste nello stabilire un limite chiaro, concreto e negoziabile entro cui il ragazzo possa muoversi in autonomia. Pensiamo alla paghetta: la cifra fissa è il paletto, tutto il resto si costruisce. In questo modo impara a gestire scelte e responsabilità senza sentirsi controllato, ma rimanendo all’interno di limiti definiti. Il paletto segna il confine, ma apre alla negoziazione.

Per chiarire ancora meglio, faccio un secondo esempio, questa volta equivoco. Penso a un episodio della serie Adolescence dove emerge l’immagine di una coppia di genitori totalmente fallimentare dal punto di vista educativo. Il padre incarna quel modello di adulto che preferisce fare l’amico, il compagno di giochi, il fratello maggiore. La madre, invece, si rifugia in un affetto esasperato, iper-materno, in cui l’abbraccio è l’unica risposta possibile, rivelandosi completamente priva di strumenti operativi. Nessuno dei due agisce davvero un ruolo educativo.

Molti genitori vivono con ansia i silenzi, gli allontanamenti e le chiusure emotive dei figli adolescenti, temendoli come segnali di fallimento, quando in realtà sono passaggi fisiologici e inevitabili della crescita. L’adolescente maturo non esiste. Cerca sé stesso, e per riuscirci ha bisogno di uno spazio libero dall’invadenza adulta. I figli non chiedono ai genitori di essere perfetti. Non chiedono di risolvere ogni problema, ma di restare un punto di riferimento saldo e accessibile. Non chiedono di guidarli sempre per mano, ma di lasciar loro la possibilità di seguire la propria strada. Questa è la vera sfida educativa: restare presenti, ma con la giusta distanza.

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