Generare è valore
martedì 14 febbraio 2017

La questione demografica è divenuta così ampia e urgente, da investire persino il Festival di Sanremo, con uno strepitoso invito a procreare rivolto agli italiani da Maurizio Crozza. Applausi cordiali, risate su risate, e poi – c’era da aspettarselo – velocissima rimozione del tema. In piccolo, a Sanremo si è verificato ciò che, in grande, sta avvenendo ormai da vari anni in Italia (e in genere nel mondo occidentale): tutti riconoscono la gravità del declino demografico, ma nessuno ha il coraggio di assumerlo come problema. Perché? Non certo perché non sia un problema gravissimo. Lo è e tutti i demografi concordano nel sottolinearlo. Se questo problema non viene affrontato con l’urgenza dovuta, è perché si è ormai consolidata l’idea che il fare figli sia una scelta privata, e quindi insindacabile, delle persone.

Opinione insostenibile, dato che l’ordine generazionale è politico, e quindi per sua natura pubblico, come sanno benissimo, per primi, tutti coloro che studiano le questioni intergenerazionali, come quelle inerenti alla protezione e alla formazione dei minori, alla cura dei disabili e dei malati, al rinnovo della forza lavoro, all’assistenza pensionistica e sanitaria agli anziani. Poiché però tali questioni sono (o almeno continuano ad apparire) di lungo periodo, mentre tanta politica, quasi tutta, si gioca (come è purtroppo noto) sul breve periodo, ne risulta che, al di là delle vuote promesse di sostegno alla famiglia continuamente smentite dai fatti, dilaga una sostanziale indifferenza prospettica e progettuale nei confronti del contrarsi della natalità. Se appare sostanzialmente irrealizzato e irrealizzabile il tentativo di dare un nuovo e concreto rilievo politico alla questione demografica, resta (forse!) solo un’altra strada da percorrere, una strada però talmente ardita e improbabile da apparire, già solo a proporla, scandalosa. Ma è necessario, come diceva San Paolo, che gli scandali esplodano… Più che esortare gli italiani a spegnere la televisione e le luci e a dedicarsi al fare figli, sarebbe forse ora di esortarli a ripensare radicalmente due categorie, come quelle della sessualità e dell’affettività, i presupposti necessari della generatività.

Due categorie di cui si parla, sì, in continuazione, ma male. Si tratta di dimensioni umane di esperienza che, pur se strettamente connesse ai ruoli sociali delle persone, investono in prima battuta la loro singolarità, quella singolarità che si vuole, a torto, confinare nel privato "più privato". Nelle giovani generazioni di oggi, cui spetta la fondazione di nuove comunità familiari, affettività e sessualità si sono talmente banalizzate, da non essere più comprese nella loro specificità. L’affettività viene confusa ingenuamente e sistematicamente con l’amore romantico (che per sua natura è volubile, vive nell’immediatezza, e come non ha radici così non ha e non vuole un futuro). La sessualità è ridotta al mero piacere genitale (che in quanto tale è pensato come dissociato e soprattutto come dissociabile dalla generatività). Di conseguenza le esperienze affettive e sessuali dei giovani sono sempre più precoci e banali e la loro affettività sempre meno viene pensata in relazione al futuro, cioè del matrimonio (di qui il moltiplicarsi delle convivenze). Ne consegue il profondo smarrimento della condizione giovanile, che abbiamo tutti sotto gli occhi, anche quando ci rifiutiamo di vederla.

C’è da domandarsi se non sia giunto il momento per chi ha a cuore l’etica pubblica di porre in atto un poderoso sforzo per dare un nuovo rilievo, antropologicamente fondato, al matrimonio, come unione generativa e creatrice della realtà familiare, l’unica realtà istituzionale in grado di garantire l’ordine delle generazioni. Sono consapevole che il solo menzionare questi temi come pubblici e non come meramente privati sembra oggi al di fuori della storia. Ma chi ritiene che debba essere l’uomo a governare la storia, e a lottare per non esserne governato, non può eludere la questione e deve avere il coraggio di fronteggiare le provocazioni, compresa quella che qui si propone. E che non toglie neanche un grammo di peso alle gravi e urgenti responsabilità di chi fa politica.

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