martedì 4 ottobre 2016
COMMENTA E CONDIVIDI

Dopo diverse manipolazioni, culturali e giuridiche, succedutesi nel tempo, la Corte di Cassazione con una sentenza dei giorni scorsi ha quasi teorizzato che la disciplina della procreazione debba ispirarsi al principio di non-verità, recependo alcuni profili deprimenti delle teorie del gender.

Ha sostenuto ad esempio che «nessun divieto costituzionale» inibisce a una coppia dello stesso sesso di «accogliere e generare figli», e ha aggiunto che «la nozione di vita familiare non presuppone necessariamente la discendenza biologica dei figli, la quale non è più considerata requisito essenziale della filiazione». Di qui, la conclusione della sentenza che ha legittimato l’esistenza di due madri per un bambino, ignorando del tutto la figura del padre, ed evocando perfino l’interesse del minore ad avere due madri e nessun padre.

Negli anni più recenti, insigni giuristi come Louis Joinet e Stefano Rodotà hanno teorizzato il cosiddetto «diritto alla verità», cioè il diritto di conoscere come i reali fatti storici che riguardano la collettività e le singole persone, e combattere ogni forma di occultamento della verità. Con il tempo, questo diritto s’è occultato proprio nella personalissima materia della procreazione, e s’è cominciato a negarlo al nascituro, dimenticando, o contraddicendo, princìpi fondamentali di livello costituzionale e internazionale.

Dopo aver stravolto l’articolo 29 della Costituzione italiana che parla della famiglia come «società naturale», con linguaggio del tutto chiaro per l’epoca della sua elaborazione, la Cassazione ha ignorato, secondo un costume deplorevole, gli stessi princìpi delle Carte dei diritti umani. Ha dimenticato, per rimanere all’essenziale, che la Dichiarazione Universale del 1948 afferma che «uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia» (art. 16) e che la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 prevede che il fanciullo ha diritto «a conoscere i suoi genitori ed essere allevato da essi». Se si affermasse il principio che è lecito tutto ciò che non è scritto nella Costituzione, soltanto perché allora inesistente o impossibile, avvieremmo un declino inarrestabile. 

 Questa dimenticanza del diritto si traduce in una violazione sistemica dei diritti del minore, e determina una narrazione manipolata, non vera, dell’origine della vita, che s’impone al bambino appena nato per tutto il corso della sua vita. Si entra così nella seconda fase della applicazione delle teorie del gender alla realtà familiare. 

Queste diverse teorie, inaugurate tra gli altri da John Money, sostengono apertamente che in realtà noi siamo uomini e donne insieme, quasi un indistinto in cui si mischiamo geni e caratteri opposti, e per il quale va negato ogni ruolo, anche se esistente in natura. L’identità personale diventa un magma indefinito che cancella diversità e qualità di ciascuno di noi, e ciò peserà sull’intera esistenza delle persone: al minore è negato il diritto di conoscere le proprie origini, diritto che permette di ricostruire l’identità biologica e umana complessiva di un essere umano, ed è rifiutato arbitrariamente il diritto alla doppia genitorialità e alla crescita equilibrata che padre e madre possono garantire. 

 La non-verità sull’origine della persona, teorizzata e praticata quasi sistematicamente, produce altri effetti già conosciuti o annunciati: maternità surrogata, nuovi asservimenti del corpo e della persona della donna, manipolazione dei geni per una pluralità di genitori biologici, stravolgimento della semantica su filiazione e famiglia; infine, anche l’imposizione delle teorie del gender nella scuola e nella formazione dei giovani. Le parole pronunciate da papa Francesco sabato scorso in Georgia sui rischi che le teorie del gender fanno correre all’umanità, vanno alla radice di questo declino etico e giuridico, per ristabilire la verità più semplice e grande sulla persona.

Esse ci avvertono che queste teorie tendono strategicamente a colpire il matrimonio in quanto tale, e la famiglia stessa come comunità di genitori e figli che realizzano l’incontro di generazioni necessario allo sviluppo dell’umanità. Oggi, addirittura, cercano di deformare il progetto educativo per i giovani, anticipando così la soggezione dell’uomo alla pure tecnica biologica. Noi stiamo sperimentando, e vivendo, i primi danni e rischi evocati dal Papa, che colpiscono i più deboli, per favorire la soddisfazione di esigenze che i più forti fanno valere nel libero mercato dei desideri. Dobbiamo riflettere, e interrogarci se le pretese della cultura del gender possa ottenere qualche radicamento nella società moderna. 

Nonostante la forte pressione mediatica, l’accondiscendenza di parte del mondo politico e l’entusiasmo di alcuni ambienti intellettuali, verrebbe da dire di no per due essenziali ordini di ragioni. Perché si tratta di pretese così contrarie all’intima natura, e alle più alte aspirazioni della persona, che non riusciranno a far regredire la civiltà giuridica rispetto a conquiste maturate nei secoli, e in modo particolare nella modernità.

E perché già oggi urtano e feriscono la vita reale, l’esperienza delle persone. Sempre più spesso, in diversi Paesi occidentali, i giovani nati con le tecniche procreative che occultano i genitori (e dimezzano la famiglia, con la figura dei genitori unisex) chiedono con insistenza, e si associano in gruppi per rafforzare la richiesta, di conoscere i propri veri genitori, poi di incontrarli e sapere tante cose su sé stessi. Soffermiamoci su un elemento importante.

Anche solo il rispetto del diritto (già codificato) della persona a conoscere i propri genitori, vanificherebbe buona parte delle manipolazioni procreative che chiedono legittimità, dal momento che al riconoscimento dei veri genitori seguirebbe l’inevitabile assunzione di responsabilità per la crescita e i bisogni dei figli. Questa riflessione lascia intravedere che il dominio della tecnica sull’uomo non è inevitabile, trova ostacoli nel profondo della coscienza, rafforza l’impegno per fare leggi giuste sullo snodo essenziale della nascita e dell’identità della persona.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: